U.D.I., acronimo dell’ Unione Donne Italiane, dal 2003 Unione donne in Italia per includere anche le donne migranti. Organismo costituito a livello nazionale tra il 1944 e il 1945, sulle ceneri del Secondo Conflitto Mondiale, affonda le sue radici nei Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti della libertà (GDD). Le donne italiane, rivendicavano diritti di cittadinanza e parità. Quattro lustri di regime avevano ancor più mortificato il ruolo della donna, relegandola a mero custode del focolare domestico e madre. Proprio in quegli anni, ecco maturare una diversa consapevolezza: le donne erano state parte attiva della Resistenza al pari degli uomini, oltre che protagoniste di sollevazioni di piazza contro fame e miseria, molto spesso con ruoli determinanti e di primo piano. Due elementi irrompevano quindi sulla scena, al pari di un fiume in piena: consapevolezza e voglia di emancipazione. A partire dal diritto al voto. A Campobasso si costituisce un Comitato Provinciale U.D.I. nel settembre del 1945. Ha sede alla via Trento numero 1, dispone di carta intestata e timbro ufficiale. Con lettera del 18.09.1945, recante nr. 3 di protocollo, l’Organismo segnala la propria istituzione a Prefettura, Questura e Carabinieri. Ne fanno parte Angela De Lucrezia, Italia Manzo, Gilda Baldini, Anna Davite e Nicolina Fagnani. Il documento è custodito presso l’Archivio di Stato di Campobasso, Fondo Prefettura (Gab. II, busta 156, f. 1390). Nello stesso fascicolo, anche altri piccoli frammenti di storia che aiutano a ricostruire i primi passi dell’UDI in Molise nel periodo 1945-1949. Innanzitutto un sintetico rapporto di polizia, relativo a sommarie informazioni già assunte dalle Autorità sin dai primi di settembre dello stesso anno. Evidentemente, da tempo “le tenevano d’occhio”. Forti erano infatti i collegamenti con la Sezione Femminile del locale PCI e in un periodo di intense tensioni sociali quel fermento organizzativo non era passato inosservato. Il successivo 4 ottobre, è il comitato d’iniziativa dell’U.D.I (Via Giustiniani 5 – Roma) a scrivere al Prefetto di Campobasso: “Eccellenza, annunciandole la costituzione dell’Unione Donne Italiane nella Sua provincia, La preghiamo di favorire e di aiutare le varie iniziative che questa associazione potrà prendere per tutelare gli interessi delle donne. La rassicuriamo che ovunque l’U.D.I. è sorta ha avuto il pieno appoggio e riconoscimento delle autorità, cosa che ha permesso alla nostra associazione un rapido sviluppo ….”. Il Prefetto, Comm. Nicola Rivela, risponde a stretto giro con lettera dell’11 ottobre 1945: “””Ringrazio per la cortese partecipazione dell’avvenuta costituzione dell’Unione Donne Italiane in questa Provincia ed assicuro la mia collaborazione per incoraggiare le varie iniziative che l’Associazione stessa vorrà prendere per tutelare gli interessi della Donna, mentre formulo i migliori auguri per una felice affermazione ….. “”” L’8 ottobre, una comunicazione pervenuta da Roma preannuncia il primo Congresso nazionale U.D.I. in programma a Firenze tra il 20 e il 23 dello stesso mese. Ma in quello scorcio di 1945 fervono attività legate all’assistenza ai bisognosi. L’U.D.I. è alla ricerca di fondi per aiutare bambini e famiglie in difficoltà. Finita la guerra c’era un Paese da ricostruire e l’UDI partecipa attivamente a tutte le attività in particolare nei confronti di donne e bambini. Partono richieste di supporto economico indirizzate ad Enti ed Istituzioni. Ed i riscontri non mancano, visto che le iniziative culminano con la distribuzione di pacchi viveri nelle successive festività natalizie a cavallo tra dicembre 1945 e gennaio 1946. Una partenza sprint per le ragazze UDI del Capoluogo molisano, testimoniata da alcune missive con le quali si rendicontano al Prefetto le attività eseguite ed i viveri complessivamente distribuiti. Singolari, in tale ambito, due missive del 13.01.1946, entrambe a firma di Nicolina Fagnani, una su carta intestata U.D.I. – Comitato Provinciale di Campobasso, l’altra su carta intestata PCI – Federazione Provinciale di Campobasso. Nicolina Fagnani, classe 1910, originaria del Capoluogo, viene così descritta nelle informazioni di polizia “””… abitante in Piazza della Vittoria n. 6, Portiera del Palazzo Di Penta, esponente del locale Partito Comunista Femminile, risulta di regolare condotta ….””” Il successivo 22 gennaio, i vertici U.D.I. con apposita missiva interessano Prefetti e Comitati Provinciali U.D.I. sul tema delle adozioni. L’Organismo è nato da poco, ma procede spedito come un treno in corsa: “””Il Comitato Regionale Assistenza Infanzia dell’Unione Donne Italiane, che si occupa particolarmente dell’assistenza agli orfani di guerra o colpiti da essa, ha fra le sue attività anche quella di occuparsi delle adozioni. Alla nostra richiesta moltissime famiglie hanno espresso il desiderio di adottare fanciulli abbandonati o orfani…… Vi preghiamo perciò di volerci segnalare con la massima sollecitudine tutti i casi di ragazzi adottabili esistenti nei vari Comuni o frazioni della Vostra provincia ….””” L’intraprendenza e la determinazione di un pugno di ragazze. Frammenti di storia: nel medesimo fascicolo, vi è traccia fino al 1949 di iniziative sociali e culturali, legate anche all’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna. Oggigiorno, non esiste in Molise una sede U.D.I. e nemmeno un referente. Sul numero 7 di “Noi Donne” del 16.02.1979, leggiamo di una sede U.D.I. alla via Alfieri di Campobasso. Poi le tracce si perdono. Ne abbiamo chiesto di più all’U.D.I. nazionale i cui archivi costituiscono un prezioso patrimonio continuamente meta di studiose/i, ricercatrici e ricercatori, sia italiani che stranieri. Apprendiamo di un Circolo U.D.I. a Portocannone (CB) nella seconda metà degli anni 40 del Secolo scorso, tra l’altro molto attivo nel sociale e nelle colonie estive. Leggiamo di iniziative e convegni, attività sul campo a stretto contatto col territorio. Non sfuggono all’attenzione alcuni nomi di spessore: Fiora Luzzatto, Tina Cardarelli. L’U.D.I. e la sua storia di impegno civico e politico: dai bisogni primari di una Nazione lacerata dal conflitto, al diritto di voto alle donne, fino alla parità dei salari, pensione alle casalinghe, aborto, divorzio, riforma del diritto di famiglia, asili nido, “questione dei tempi” e l’elenco potrebbe continuare; battaglie supportate dalla prestigiosa testata “Noi Donne”, organo dell’associazione fin dalla sua nascita. Ne ripercorriamo alcuni spaccati con Ilaria Scalmani, Presidente UDI Romana la Goccia, ricercatrice storica ed attenta conoscitrice del patrimonio archivistico-documentale legato peraltro a decenni cruciali della vita nazionale.
Donne di sinistra, per gran parte PCI e PSI, ma aperte a tutto tondo verso l’universo femminile e spesso in rotta con le rigide strutture dei Partiti di provenienza. Come sintetizzerebbe le attività legate ai primi decenni della storia dell’U.D.I., con riferimento alle battaglie per parità ed emancipazione?
Le donne che fondano l’UDI hanno partecipato alla Resistenza, alcune fin da giovanissime, e hanno molto chiaro cosa avesse significato la guerra e l’occupazione. Conoscono la miseria, i problemi, le malattie delle altre donne e dei figli. Hanno dimostrato al Paese con la Resistenza cosa significa la parità nelle azioni comuni e vogliono costruire una nazione in cui ci siano i diritti di cittadinanza, poiché è l’unica via per porre le basi di una democrazia che hanno dimostrato di volere con il Referendum del 2 giugno 1946. In quella data viene anche eletta la Costituente. Sono solo 21 le madri Costituenti (11 appartenenti all’UDI) su 556 componenti. Queste dimostreranno in quei mesi di lavoro, il loro fondamentale contributo nella stesura di articoli cardine per quelle che saranno le leggi per le donne. Inseriranno i principi base affinché negli anni (e nelle lotte) successivi verranno scritte le leggi fondamentali quali: legge per tutela delle lavoratrici madri, legge Merlin, legge ammissione ai pubblici uffici, abolizione Coefficiente Serpieri, legge per il divieto di licenziamento per matrimonio, legge per la pensione, fino ad arrivare alle cosiddette leggi delle donne degli anni ’70.
Poi arrivò il ’68, una delle parole d’ordine era: “A che cosa servono le associazioni?”
Il ’68 è l’anno dell’ VIII congresso nazionale UDI che si svolge al momento della cessazione dei bombardamenti americani in Vietnam, su cui l’UDI aveva un riflettore acceso vista la sua partecipazione internazionale alle problematiche delle donne. Nel luglio del ‘68 verrà ricevuta una delegazione di donne vietnamite da un comitato di accoglienza organizzato dall’UDI di tutto rispetto (L.Basso, E. Berlinguer, N. Ginzburg, R. Gottuso, J. Lussu, G. Pontecorvo, F. Parri, L. Menapace, L. Visconti e molti altri). L’Udi quindi era nel pieno della sua attività associativa e politica. Le parole d’ordine di quel congresso erano Lottare per contare, contare per cambiare eloquenti da sole per capire il clima del momento. Dalla contestazione studentesca le giovani iniziano a riflettere tra di loro, sul ruolo femminile, si iniziano e riunire, a discutere, a contestare, relegate in ruoli che non le appartenevano. Si inizia a parlare di corpo, sessualità, sentimenti, affettività; ci si confronta e le parole d’ordine diventano il personale è politico. Anche le donne dell’UDI negli anni a seguire inizieranno a dialogare con le giovani del femminismo, faranno azioni comuni, come la legge di iniziativa popolare contro la violenza sessuale, e ne verranno contaminate fino ad arrivare alla destrutturazione dell’UDI del 1982.
La “questione dei tempi”: un’espressione poco nota, soprattutto alle nuove generazioni. Il riferimento è alla necessità di riprogettare e ridisegnare assetti urbanistici, nonché servizi, orari dei negozi, orari degli asili nido, ecc.., allo scopo di garantire una giusta cornice di supporto alle donne lavoratrici. Quanto siamo ancora lontani dalla piena comprensione ed attuazione di queste tematiche?
Purtroppo siamo ancora troppo lontani. La società capitalista e profondamente patriarcale, non ha ancora recepito il messaggio che finché non si partirà dai tempi di vita delle donne, a partire dalla riproduzione fondamentale per la società, sarà sempre più difficile andare avanti. Il capitalismo andrebbe ripensato. Viviamo in un momento in cui i tempi sembrano essere sempre più stretti, a causa della velocità che ci ha portato la nuova tecnologia. Le donne oggi sono in un compressore nel quale devono occuparsi di lavoro, maternità, familiari malati, lavori di cura. Si richiede di fare figli ma non c’è un welfare che sostiene le famiglie e quindi il risultato è quello di perdere il lavoro per dedicarsi ai figli o ai propri cari. Questo non solo comporta l’impoverimento delle donne ma anche delle famiglie e quindi del PIL. Nel 2019 una ricerca internazionale ha calcolato che il lavoro di cura non retribuito a livello mondiale ha prodotto una ricchezza per 11.000 miliardi di dollari. Pensate cosa significherebbe inserire all’interno di ogni PIL il valore corrispondente al lavoro di cura che quotidianamente le donne svolgono. Quanto cambierebbe a livello economico ?
1982: con l’XI Congresso avviene la destrutturazione dell’U.D.I.; viene azzerata l’organizzazione, ma non l’Associazione. Come si è trasformata l’U.D.I. e che cosa è l’U.D.I. oggi?
L’82 è l’anno della seconda origine dell’UDI. Un’organizzazione che dimostra tutta la sua autodeterminazione per la propria indipendenza. La politica e soprattutto la politica delle donne non poteva essere relegata all’interno dei partiti, aveva bisogno di un respiro più ampio. L’XI congresso dell’UDI, con un’ampissima partecipazione di donne dibatte a lungo, con posizioni ben distanti tra loro, fino ad arrivare alla decisione di destrutturazione, davanti anche agli occhi increduli delle femministe. Come ogni decisione coraggiosa, ci sono state delle ripercussioni soprattutto dal punto di vista economico e gestionale. L’UDI si è dovuta reiventarsi, in maniera creativa come è tipico delle donne, in una forma nuova. Sono stati ritessuti i fili dei rapporti, si è iniziata la pratica della autoconvocazione e dell’autoproposizione. Oggi l’UDI ancora è presente su territorio nazionale con le proprie sedi e anche con oltre 40 archivi locali tra cui l’Archivio Centrale di Roma, che rappresentano la nostra storia e la nostra forza. Ancora oggi siamo all’interno del dibattito sulle tematiche calde per le donne, a volte contro corrente, ma sempre dalla parte delle donne. I tempi stretti e congestionati mettono in crisi la militanza e il volontariato in maniera trasversale; tuttavia, noi continuiamo a presidiare i nostri spazi e la rappresentanza femminile poiché siamo pur sempre l’altra metà del cielo.
Antonio Lanza
(Foto da nr. 01 a nr. 09 : Archivio privato Fiora Luzzatto, per gentile concessione. Foto nr. 04: copertina della Testata “Noi Donne” – numero 7 del 16.02.1979, contenente un lungo ed articolato “speciale” sulla condizione delle donne in Molise)
Articolo molto interessante