La vista del tappeto rosso è stata ancora un groviglio di emozioni. La seconda volta sembra più facile, ma la parola non è ideale per la situazione né per i giorni che hanno preceduto il grande evento.
Forse sarebbe più corretto affermare che il ‘bis’ di Serena Verdone sul red carpet del Festival del Cinema di Venezia (l’80esima edizione si è conclusa sabato 9 settembre) è stato, dal suo punto di vista, più consapevole. Soprattutto perché arriva in un momento di ulteriore maturazione del suo percorso professionale e di vita.
La fotomodella, che venerdì ha sfilato indossando un abito sartoriale color magenta, realizzato a mano, punto per punto, da Atelier Fontana di Milano per l’anteprima di WOMAN OF (KOBIETA Z…) di Małgorzata Szumowska, Michał Englert, è abituata a riflettori e flash, sia grazie ai numerosi servizi fotografici di cui è stata protagonista sia alle sfilate in pubblico.
Persino l’arrivo a Venezia su un taxi acqueo, cappello e guanti neri vintage – il suo stile preferito – con piazza San Marco sullo sfondo, sembrava la scena di un film d’altri tempi.
Ma, nonostante la capacità di Serena di mantenere sempre un’espressione contenuta e professionale, la sensazione nascosta sotto al rigido corpetto e all’elegante gonna che ha accarezzato il tappeto è stata fortissima, di quelle capaci di far venire le gambe molli come di fronte all’ennesima salita al culmine di un faticoso percorso o di far scivolare a terra al pari di una corsa intrapresa troppo velocemente lungo una ripida discesa.
D’altronde lo scenario internazionale che offre la Mostra d’arte cinematografica di Venezia è un crocevia di grandi nomi della scena mondiale, un misto di arte e talento, che non può lasciare indifferenti neanche i cuori più calmi.
E’ però la consapevolezza, ripetiamo, che ha governato lo stato d’animo della 35enne.
Quella di aver saputo con impegno e passione arrivare a prendere parte a manifestazioni di questo calibro, senza scorciatoie, né facendone una aspirazione di vita.
La conferma di un percorso in continua crescita arriva dalla seconda partecipazione consecutiva alla Biennale di Venezia e soprattutto con l’invito diretto ricevuto da Serena Verdone, da parte degli organizzatori, chiamata a mostrare l’abito realizzato da Atelier Fontana.
“Sono felice di questa partecipazione”, il suo commento. “E’ stato emozionante, bello, divertente. E mi auguro di tornarci”.
Ma per Serena palcoscenici come questo non devono rappresentare un punto di arrivo né una vetrina da raggiungere a tutti i costi e con ogni mezzo per farsi strada.
“Il Festival di Venezia è una delle tante opportunità che una ragazza che si muove in questo ambito, o in ambiti simili, può e deve cogliere”, chiarisce. “Non deve tuttavia rappresentare un modello estetico, d’impatto, bensì una tappa lungo una strada impegnativa, scelta secondo le proprie capacità o le proprie ambizioni per lavoro o per passione”.
In che senso?
“Nel senso che nessuna donna, a mio avviso, deve rinunciare a creare innanzitutto una propria identità, acquisendo delle competenze nel corso della propria vita, facendosi le ossa e mai pensando di intraprendere una via breve per arrivare al punto in cui si vuole arrivare. Bisogna stare attenti al messaggio che si lascia passare o a quello che viene recepito. Molte ragazze giovanissime rischiano di farsi ammaliare da ciò che vedono e di agire per emulazione, non perché sanno ciò che vogliono o perché sono in grado di farlo. Il modello sbagliato dell’ottenere qualcosa tramite, ad esempio, l’uomo facoltoso e famoso, va stigmatizzato. Come l’uso dei social a tutti i costi. Dovrebbero arrivare prime le idee e poi i cosiddetti follower, non pensare prima ai follower per generare idee”.
Cos’è stato quindi il red carpet per Serena Verdone?
“Una bellissima opportunità colta, quando le mie idee e la mia strada avevano una chiara direzione. Non sempre è stato così, né è stato facile. Anche perché certe scelte hanno dovuto convivere con il ruolo di mamma. Nella mia vita ho lavorato in più ambiti, mi sono laureata, ho fatto del volontariato… E, nel momento in cui mi si è presentata l’opportunità, mi si è aperto un mondo e ho seguito, coltivato e creduto in una mia passione, consapevole di poter fallire ma anche delle mie forze e delle mie idee. Continuerò a metterci lo stesso impegno e centrare nuovi obiettivi. Mattoncino su mattoncino.”
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