Diventa legge la norma che prevede la presenza di associazioni antiabortiste nei consultori. Ma perché trattare così le Donne e non ascoltarle? E’ quanto si chiede Sabrina Del Pozzo, segretaria confederale Cgil Molise. “Il Pnrr doveva servire per creare lavoro e servizi a sostegno delle Donne. Ci si nasconde dietro una ‘semplice’ applicazione della Legge 194 ma non è così. Ciò che è stato fatto è altro ma forse non viene spiegato bene o viene imposta una visione di parte. Soldi pubblici, di e per tutte, vengono dati a favore di persone e associazioni che vedono l’aborto come un peccato e che pretendono di imporre il proprio pensiero a tutte. Ti ritrovi delle persone che ti spiegano cosa è giusto fare e non fare ma non vi sembra una forma di violenza questa? Non vi sembra qualcosa di inopportuno ed eccessivo? Torniamo così a nascondere i problemi e le questioni sotto il tappeto e nelle mura di casa invece di permettere a tutte di essere supportate e tutelate anche nella salute, senza vergogna ma con razionalità e civiltà. Rischiamo di tornare agli aborti clandestini perché se non mettiamo le persone, le Donne, a proprio agio e libere di chiedere aiuto senza il timore di essere giudicate lo faremo di nascosto rischiando la vita. Non abbiamo bisogno di persone che ci fanno sentire in colpa o che ci indicano la strada per la salvezza, certo è giusto informare ma è importante il come e per di più già viene fatto. Noi Donne abbiamo bisogno di essere comprese e rispettate. Riconosco chi ha una visione differente dalla mia ci mancherebbe altro. Anzi, probabilmente uno dei grandi problemi di oggi è la mancanza di confronto, di una discussione aperta, libera e no unidirezionale. Qui si sta andando oltre e si sta imponendo quella ‘normalità’ che non appartiene più alla nostra società e che non viene vissuta neppure da chi la pretende.
Alla vigilia del 25 Aprile riaffermiamo i valori della libertà e della democrazia. Se oggi penso alla Resistenza penso alle Donne, ma penso anche alle lavoratrici e ai lavoratori che devono avere la prima parola e che invece spesso non possono permettersi di avere neppure l’ultima. Penso alla Resistenza delle persone con disabilità, a quella dei senza-dimora, dei migranti, delle studentesse e degli studenti, alle persone non libere di essere ciò che vogliono al di là di un corpo, a tutte e tutti. Non arrendiamoci, l’impegno individuale diventa collettivo e diventa forza.”
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