Siamo tra gli anni 40 e 50 del Secolo scorso, in quell’Italia del dopoguerra flagellata da miseria, disoccupazione ed emigrazione. Valige di cartone legate con lo spago affollavano treni e corriere. Pochi bagagli polverosi, mossi da migranti che lasciavano la terra d’origine alla ricerca di un futuro migliore. Alcuni di loro, varcavano clandestinamente il confine francese. Una volta individuati e bloccati dalla Gendarmeria, veniva loro posta a bruciapelo l’alternativa tra il carcere o l’arruolamento nella Legione Straniera. Ed eccoli decidere per il portone d’ingresso del Fort Saint-Nicolas di Marsiglia, pronti a firmare l’atto di arruolamento per la Lègion ètrangére . Si calcola che almeno 7.000 italiani siano stati impiegati nel conflitto d’Indocina tra il 1946 e il 1954. Oltre 1000, quelli che non hanno mai più fatto rientro in Patria: “Morto sul campo dell’onore”: c’era scritto così, sulle lettere ciclostilate che l’Autorità militare francese inviava alle famiglie dei Caduti. Il cui numero totale, resta ancora tutto da approfondire. E un conto a parte meriterebbero anche feriti, mutilati, uomini irreparabilmente colpiti da malattie e traumi psicologici, in quel tritacarne di fatti e misfatti che si concluse con la battaglia di Ðiện Biên Phủ e la sconfitta francese, il 7 maggio 1954. Terminava in quel giorno, infatti, quella che gli stessi francesi chiamavano “la sale guerre”, ossia “la guerra sporca”. Fra i Caduti, quattro molisani sono certamente ben individuati, grazie anche a precisi riscontri incrociati tra schedari esteri, Archivio di Stato di Campobasso ed alcune anagrafi comunali. Le cronache italiane di quegli anni, ospitano un tenace giornalismo d’inchiesta che pungola di continuo le Autorità. L’esortazione è quella di combattere ed ostacolare gli arruolamenti, individuare, disarticolare, mettere fuori gioco, i “procacciatori di carne da cannone”, dalle cellule solitarie fino alle più strutturate organizzazioni sul territorio. «A Genova esiste una vera e propria centrale organizzata dell’espatrio clandestino», tuona “L’Unità” del 2 gennaio 1953, nell’ambito di un approfondimento dedicato ad alcuni legionari italiani rientrati in Patria dopo una rocambolesca fuga dai ranghi. C’è anche chi non si arruola per problemi economici, ma per il desiderio di una vita differente ed avventurosa. La ricerca di un diverso percorso, una fuga per dimostrare il proprio valore. Troviamo appunto queste parole nella biografia di Giuseppe Bruno Corbo (1931-2011 – nella foto), campobassano, legionario dal 1953 al 1958. In Italia era stato riformato alla visita di leva, poi in Legione guadagnerà sul campo numerose decorazioni, all’esito di campagne di guerra sia in Indocina che in Africa settentrionale.
La storia di un uomo, mista a quella di un soldato, tra guerra, sentimenti, amori ed emozioni, efficacemente narrata nel volume “Ricordi di un Legionario” pubblicato nel 2022, ad 11 anni dalla morte. Nel 2004, Corbo ricoprì la carica di Presidente degli ex Legionari d’Italia. Anche a distanza di anni dal congedo, assicurò sempre la sua presenza alle manifestazioni commemorative, sia in Francia che in Italia, in qualità di ex Legionario. Puntuale ogni anno, anche la partecipazione presso il Cimitero francese di Venafro alle cerimonie per il ricordo dei Caduti francesi, con le massime autorità civili e militari d’oltralpe. Esce vivo dall’Indocina anche Andrea Funitto di Guglionesi (CB), paracadutista, nella Legione tra il 1949 e il 1955, al suo attivo la partecipazione a numerose azioni di combattimento; raggiunse il grado di sergente. Passiamo ai quattro molisani identificati con certezza, caduti in Indocina tra il 1948 e il 1954. Prima, però, vale la pena ricordare la ricerca che il Museo Storico Italiano di Rovereto ha da poco avviato in collaborazione con l’Università di Trento, volta a ricostruire l’esperienza dei legionari italiani in Indocina. Il progetto ha preso avvio dal lavoro svolto dal giornalista Luca Fregona che ha raccolto le testimonianze dei legionari e dei loro famigliari e ha messo in luce la complessità della loro esperienza. Le immagini e i documenti ritrovati da Fregona, insieme ai materiali donati al Museo dai famigliari dei giovani italiani che aderirono alla Legione straniera francese, sono oggi esposti in una mostra che resta visitabile presso il Museo della Guerra fino al 26 gennaio 2025. «L’esperienza dei legionari – ci spiega il direttore del Museo Francesco Frizzera – è stata a lungo rimossa dalla memoria storica del nostro Paese, ma le loro testimonianze oltre a documentare un conflitto che flagellò il Sud-Est asiatico, offrono uno spaccato dell’Italia post-bellica e aprono una riflessione sulla pervasività del fenomeno del “volontarismo” nei conflitti del Novecento. La storia dei legionari italiani infatti, è una storia di “sconfitti”, sul campo e nella società. Una vicenda “scomoda”, rimasta ai margini dalla memoria pubblica anche per motivi politici».
Erano tutti nati in Molise, i quattro ragazzi dei quali, a seguire, riportiamo brevi cenni biografici.
Leonardo COLAVITA, classe 1924, originario di Sant’Elia a Pianisi, paracadutista della Legione, matricola 48078, muore all’ospedale di Hanoi il 10.02.1949. Aveva da poco compiuto 24 anni.
Amedeo CAPRETTA, nato a Rionero Sannitico il 16 novembre 1928, soldato di 2^ classe, matricola 21409. In forza alla Legione Straniera, 5° Reggimento fanteria; muore in combattimento in Laos il 22.03.1954, all’età di 25 anni. Il 20 aprile 1954 ed il successivo giorno 21, perdono la vita nell’inferno di Ðiện Biên Phủ rispettivamente i Legionari Luigi Antonio ESPOSITO ed Antonio CARROZZELLA. Esposito, 24 anni al momento della morte, era nato a Isernia il 12 luglio 1929; paracadutista del 2° Battaglione, con matricola 93639. Carrozzella era invece originario di Santa Croce di Magliano, dove era nato il 23 aprile 1917. Matricola 66530, avrebbe compiuto 37 anni qualche giorno dopo gli scontri in cui perse la vita. I suoi genitori erano originari di San Giuliano di Puglia. Penultimo di 9 figli, si era sposato nel 1942 in piena guerra.
Non sappiamo se questi giovani erano approdati alla Legione partendo direttamente dal Molise, oppure se avevano raggiunto Fort Saint-Nicolas di Marsiglia dopo altri percorsi e tappe di migrazione. Nemmeno è noto se le Famiglie abbiano ricevuto la rituale lettera-ciclostile ed a seguire, magari anche qualche indennizzo. Storie di emigrazione ed avventura, storie di sangue molisano, storie di uomini “morti sul campo dell’onore”.
Antonio Lanza