di Giuseppe Zingarelli
Ricercato dalle masse, assediato dal mondo, oggetto di innumerevoli scoop e trasmissioni televisive, vivisezionato dalle indagini e dalle inchieste. Accusato, diffidato, calunniato. Era e resta l’uomo abitato dall’Invisibile, dal soprannaturale, dal mistero. È Padre Pio da Pietrelcina. Milioni di persone colpite dalla sofferenza fisica, morale e spirituale, bisognose di aiuto, assetate di verità, si recarono nel cuore del Gargano, laddove nel confessionale del frate del Gargano ritrovarono conforto, sostegno e speranza nella vita. Da ogni parte del mondo una umanità sofferente, uomini e donne di ogni nazionalità, giunse nel convento di ‘Santa Maria delle Grazie’ per chiedere allo “stigmatizzato” di intercedere per una grazia, dissipare dubbi di fede, placare angosce e tormenti dell’anima. Grandi industriali, potenti esponenti della finanza internazionale, influenti personalità politiche, noti cantanti e attori, illustri letterati, uomini di sport e di cultura, umili contadini, semplici artigiani, operai, luminari della scienza e della medicina, nobili e teste coronate, rappresentanti di Stato e di Governo. Padre Pio affratellava gente di ogni estrazione sociale in una semplicità di rapporti, confidenza ed amicizia. Tutti percepivano di essere sullo stesso piano al cospetto del più grande “mistico” della cristianità, primo sacerdote stigmatizzato nella storia del Cristianesimo. Era il 4 settembre 1916 quando dal convento di Sant’Anna, a Foggia, il cappuccino beneventano giunse stabilmente nel convento di San Giovanni Rotondo. Nel corso del suo articolato cammino vocazionale, prima di approdare nel cuore del Gargano, aveva dimorato in vari conventi della Campania, della Puglia e del Molise. Morcone, Gesualdo, Montefusco, Venafro, Sant’Elia a Pianisi, Campobasso, San Marco la Catola, Serracapriola. Dal febbraio 1916 dimorava presso la fraternità cappuccina di Foggia. Nello stesso mese di quello stesso anno, a Maglie, un paese del Salento nel profondo Sud della Puglia, nasceva Aldo Moro. Era il 23 settembre 1916. Diventerà uno dei politici più importanti della storia dell’Italia Repubblicana. Nel 1958 il Segretario Nazionale della Democrazia Cristiana, all’epoca Ministro della Pubblica Istruzione nel Governo Fanfani, si recò a San Giovanni Rotondo. Molto religioso, credente, fervente cattolico, voleva conoscere di persona Padre Pio. Accompagnato dai suoi collaboratori, Moro giunse nel convento di “Santa Maria delle Grazie”. Il frate lo accolse con benevolenza e cordialità. In quel momento, il religioso più conosciuto al mondo e il famoso statista dello “scudo crociato”, senza dubbio il politico italiano più noto in campo internazionale, si trovarono l’uno al cospetto dell’altro. L’ umiltà e la ricchezza spirituale di Padre Pio “folgorarono” subito Aldo Moro. Lo statista rimase impressionato ed ammirato dalla santità del frate. Nel corso del colloquio il religioso pronunciò una frase incomprensibile che suscitò il sorriso dei presenti, al punto da indurre tutti a pensare si trattasse di una sua scherzosa ‘battuta’ o di un ironico gioco di parole: “Moro, Moro, tu sei onorevole o disonorevole? Sta’ attento che si muore!”. Nessuno poteva intendere la drammaticità di quelle parole, nelle quali era contenuta una profezia: la futura sorte di un uomo e i destini dell’Italia. Il 28 aprile 1963, il nostro Paese votò. Si doveva eleggere il Parlamento. Moro divenne Presidente del Consiglio. Per la prima volta, dal 1947, si formò un governo con la presenza di esponenti socialisti. Il leader democristiano divenne il più giovane Presidente del Consiglio della storia repubblicana. Aveva 47 anni. Una mattina del febbraio 1964, nel convento di ‘Santa Maria delle Grazie’, un confratello di Padre Pio, indicandogli la fotografia di Moro probabilmente ritratta in un articolo di giornale, la mostrò al santo. Il suo viso, di colpo, impallidì. Turbato, visibilmente scosso, come sconvolto dalla visione di quella immagine, istintivamente Padre Pio si ritrasse all’indietro. Come se la fotografia si fosse trasformata in uno specchio nel quale aveva visto un accadimento di inaudita ferocia, un evento che lo aveva letteralmente terrorizzato. Portando le mani guantate al volto, si coprì gli occhi ed esclamò: “Dio mio. Quanto sangue! Quanto sangue!”. Subito dopo, e per il resto della giornata Padre Pio si ritirò nella sua cella a pregare. Il 15 marzo 1968 Aldo Moro era Presidente del Consiglio. Per la seconda volta ritornò a San Giovanni Rotondo a far visita al religioso. Discussero affabilmente. Il santo non rivelò nulla di ciò che sapeva in cuor suo. Al termine di quel secondo incontro, stringendo la corona del rosario tra le mani, lo “stigmatizzato” si accomiatò dall’illustre “visitatore” con uno sguardo velato di mestizia. Conosceva la sorte che attendeva Moro. Sarebbe stato il loro ultimo incontro. Il 16 marzo 1978, a Roma, verso le 9:03, un fiume di sangue si riversò in via Mario Fani. Il più volte Presidente del Consiglio, nonchè Segretario Nazionale della DC, uno tra i politici più influenti d’ Italia, fu rapito e fatto prigioniero da un commando delle Brigate Rosse mentre a bordo della sua auto si stava recando a Montecitorio per votare la fiducia al IV governo Andreotti. Primo “Esecutivo” dal Dopoguerra a nascere con l’appoggio formale del Partito Comunista Italiano. L’ Andreotti Quater sarà il primo Governo della storia repubblicana a vedere esponenti del PCI, guidato da Enrico Berlinguer, a varcare la soglia delle stanze del potere. È la vera realizzazione di quel progetto politico al quale, di fatto, sia Moro che Berlinguer stavano lavorando “sottotraccia”, di comune accordo, fin dagli inizi degli anni ’70. Un progetto politico consegnato alla storia con il nome di “Compromesso storico”. I cinque uomini che scortavano lo statista, il maresciallo Oreste Leonardi, la guardia di PS Raffaele Iozzino, l’Appuntato Domenico Ricci, il Vicebrigadiere Francesco Zizzi e la guardia di PS Giulio Rivera, vennero massacrati da una “pioggia” di proiettili. Giulio Rivera, 24 anni, era nato a Guglionesi, un piccolo paese in provincia di Campobasso. In Europa mai si verificò un rapimento simile, seguito da una strage così efferata. Dopo 55 giorni di atroce prigionia in cui subì un processo “politico” da parte delle Brigate Rosse che chiesero invano uno scambio di prigionieri con lo Stato italiano, Aldo Moro fu assassinato. L’ arma del delitto, utilizzata dal brigatista Mario Moretti, era una pistola munita di silenziatore. Stranamente, la stessa arma data in dotazione agli agenti appartenenti ai “Servizi di Sicurezza” dello Stato. Era il 9 maggio 1978. Il corpo esanime di Moro, coperto da un lenzuolo rosso, fu fatto trovare dalle BR nel bagagliaio di una Renault 4, parcheggiata in Via Michelangelo Caetani, a Roma. Venti anni prima, Padre Pio aveva visto tutto: “Moro, Moro, tu sei onorevole o disonorevole? Sta attento che si muore!”. Tutti sorrisero quando il santo proferì quella frase, pensando ad una sua scherzosa “battuta”. Purtroppo tale non si rivelò. Pronunciando quelle parole il santo dimostrò di essere in possesso di uno straordinario carisma: la chiaroveggenza. Aveva visto in anticipo non solo la tragica fine della vita del politico pugliese ma anche il fiume di sangue che sarebbe stato versato prima della sua uccisione. Nel dicembre 1974 Aldo Moro ricopriva la carica di Ministro degli Esteri. Si era recato a Washington, in visita ufficiale, per incontrare Henry Kissinger, Segretario di Stato americano. Il Presidente degli Stati Uniti era all’epoca, Gerald Ford. Tra il 1973 ed il 1974 si snodò e si interruppe il secondo mandato presidenziale di Richard Nixon, 37esimo Presidente USA, Repubblicano, il quale stava vivendo il lungo, tormentato finale della sua carriera politica. Il 9 agosto 1974, infatti, dopo aver preso atto di aver ormai perso totalmente la fiducia degli americani, Nixon presentò le sue dimissioni “travolto” dallo scandalo del “Watergate”, il caso di spionaggio politico più famoso al mondo.
Nell’incontro prenatalizio con Moro, Kissinger, preoccupato per la perdita di credibilità degli Stati Uniti agli occhi del mondo causata dal “Watergate”, riferì apertamente a Moro, senza mezzi termini, di rammentare bene tre cose. La prima. Moro doveva abbandonare le linee della sua politica europeista, volta a conferire un ruolo di primo piano all’Italia nel ‘Vecchio Continente’. In sostanza lo invitava quasi a sfiduciarsi da solo. Era come dire che l’Italia, in Europa, doveva continuare a non contare più di tanto. La seconda. Moro doveva modificare profondamente le sue idee politiche. La terza. Il leader della DC doveva tassativamente smorzare i toni del suo dialogo progressista con il Partito Comunista Italiano che, con la leadership del Segretario Nazionale, Enrico Berlinguer, in quel periodo storico era uno dei più forti partiti dell’Europa occidentale, irriducibile oppositore della “Balena bianca”, la DC. Kissinger fu fin troppo esplicito con Moro: “Presidente, la prego di riflettere attentamente su quello che le ho appena riferito, poichè qualora lei dovesse continuare a percorrere queste direzioni, rischia di fare una brutta fine!”. Si disse che gli Stati Uniti non intervennero nel corso del rapimento Moro in quanto i Servizi Segreti italiani non informarono la CIA che le Brigate Rosse, nell’ambito della loro attività terroristica, erano collegate ad organizzazioni internazionali, evitando cosi un eventuale intervento USA nella liberazione dello statista democristiano. Anche John Fitzgerald Kennedy, il più giovane presidente americano eletto alla Casa Bianca, primo presidente cattolico degli ‘States’, sapeva di Padre Pio. Nel 1963, qualche mese prima di essere assassinato, JFKennedy aveva ricevuto una lettera proveniente da San Giovanni Rotondo. Gli era stata inviata da una sua connazionale, figlia spirituale di Padre Pio, salita nel 1923 sul Gargano per conoscere Padre Pio e che da allora non si allontanò più da San Giovanni Rotondo. Nella missiva, Mary Pyle, questo il suo nome, lo invitava ad incontrare il frate di Pietrelcina in convento. JFKennedy inviò alla Pyle una lettera di risposta nella quale dichiarò di essere molto contento di incontrare il futuro santo per conoscerlo di persona. I genitori di Mary Pyle erano ricchissimi imprenditori della Virginia. Il padre era il “re del sapone” degli USA. Imparentati con la famiglia Rockefeller, avevano relazioni dirette con molti esponenti dell’alta finanziaria e della politica statunitense dell’epoca. Tra cui la famiglia Kennedy. Lo stesso JFKennedy era al corrente che gli americani avevano finanziato la costruzione dell’Ospedale voluto da Padre Pio, attraverso i fondi dell’United Nation Relief and Rehabilitation Administration (UNRRA). Merito di questa donazione fu della giornalista inglese, Barbara Word, fidanzata del comandante australiano Robert Jackson, a sua volta Consigliere delegato dell’UNRRA. La Word si adoperò presso il suo futuro marito per far giungere in Italia la somma necessaria alla edificazione di Casa Sollievo della Sofferenza, circa 400 milioni di lire. In cambio la stessa Word prese l’impegno di intitolare l’ospedale al defunto sindaco di New York, Fiorello La Guardia, i cui genitori erano originari della provincia di Foggia. In quello stesso periodo JFKennedy voleva riprendere le relazioni diplomatiche con Cuba e Fidel Castro. Ma in Texas lo attendeva al varco la “congiura” di Dallas, che scattò impietosamente il 22 novembre 1963, non lasciandogli via di scampo. Si può certamente affermare che l’assassinio del Presidente JFKennedy negli USA sta all’assassinio del Presidente Aldo Moro in Italia. Il caso Kennedy e il caso Moro hanno molto in comune. JFKennedy e Aldo Moro furono straordinari antesignani di una nuova frontiera democratica che favorisse e rinsaldasse la collaborazione internazionale tra le nazioni. Condivisero valori cristiani e comuni visioni di cambiamento culturale della politica per fiaccare storici ritardi sociali, causa di molteplici disfunzioni di un Paese. Erano entrambi proiettati verso una dimensione avanguardistica della programmazione politica, ritenendo le mediazioni internazionali lo strumento indispensabile per garantire il progresso dell’umanità. Entrambi credevano in un Occidente in grado di combattere per i propri ideali. Entrambi credevano fermamente nella costruzione di solidi ponti di pace e di solidarietà fra popoli liberi. Moro e Kennedy. Due pericolosi “sognatori” che avrebbero mutato il corso della storia. Innumerevoli e invisibili furono i loro nemici negli States e in Italia. Il Presidente della Repubblica più amato di sempre dagli italiani, il “Presidentissimo” Sandro Pertini, il 9 luglio 1978, giorno della sua elezione a Capo dello Stato, con grande coraggio e schiettezza, affermò: “Se non fosse stato assassinato, lui e non io, avrebbe parlato dal Quirinale al mio posto”. Anche la sofferta esistenza terrena del mistico “frate del Gargano” attraversò eventi eccezionali. La Prima Guerra Mondiale, oltre 600mila morti, la Profezia della Madonna a Fatima nel 1917, la Rivoluzione russa, la dittatura fascista in Italia e l’antifascismo, l’avvento del Nazismo e il nuovo imperialismo tedesco, l’Asse Roma-Berlino e il “Patto d’Acciaio” stipulato tra Mussolini e Hitler, l’entrata in guerra dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale, quasi 100 milioni di morti, la storica Conferenza di Yalta, la disfatta del Fascismo e del Nazismo, il Dopoguerra, la costituzione dell’ONU, il contrasto politico ed ideologico tra gli Stati Uniti d’America e Russia, la stipula del Patto Atlantico e la nascita della NATO, il sorgere di vari Istituti e di Organizzazioni internazionali, l’istituzione nel 1957 della Comunità Europea (oggi UE), le tensioni della guerra fredda USA-URSS tra il 1961 e il 1963, le prime forme di ribellione giovanili nei confronti dei sistemi politici e le alleanze tra i movimenti operai e i movimenti studenteschi del 1968. Eventi che hanno scritto 110 anni di grande storia, determinato il sorgere di pericolose ideologie politiche non ancora del tutto sopite. Amche il senatore democristiano Stefano Cavaliere, amico di Moro e di Andreotti, affermato avvocato penalista nativo di Sant’Agata di Puglia (Foggia), nel 1967 si recò in visita da Padre Pio. Il parlamentare aveva ricoperto nel corso della sua lunga carriera politica ben sette legislature consecutive, gestendo incarichi nazionali ed internazionali di particolare prestigio. Cavaliere aveva fatto parte del Partito Nazionale Monarchico, rappresentandolo alla Camera dei Deputati per due legislature. Accompagnato da due confratelli di Padre Pio, giunse nel piccolo salottino del convento. Il santo cappuccino era assorto in preghiera, seduto su una poltroncina in vimini. Come se lo stesse attendendo, con la corona del rosario tra le mani, sollevando leggermente la testa, Padre Pio si voltò e con gli occhi fissi su di lui pronunciò una frase sibillina: “Cavaliere, Cavaliere senza cavallo, chi la voterà più questa democrazia?”. Per più di qualche istante il senatore rimase interdetto, impietrito, non avendo il coraggio di chiedere spiegazioni al frate, il quale gli aveva appena predetto la fine della Democrazia Cristiana. La DC crollò definitivamente il 18 gennaio 1994.