Roma, Anno Santo 1975. Mattinata del 12 ottobre: gran pienone di fedeli in Piazza San Pietro per la canonizzazione dell’arcivescovo irlandese Oliviero Plunkett, martire cattolico, impiccato presso il patibolo di Tyburn il primo luglio del 1681. Tutto è pronto per la cerimonia, con le gerarchie ecclesiastiche schierate in prima fila e l’altare papale addobbato di tutto punto. Poco distante, è già operativa una postazione microfonica, destinata ad amplificare ai presenti tutte le fasi dell’imminente e toccante liturgia. Ore 9,30 circa: si attende soltanto l’arrivo del Papa, Paolo VI, Pontefice in carica dal 1963. Proprio in quegli istanti, ecco che, all’improvviso, sbuca dalla folla un uomo sulla trentina, prestante e ben vestito. In mano reca un testo sacro. Nello stupore generale, il giovane inizia a correre dritto verso il microfono. Passa velocemente davanti a vescovi e cardinali, urlando parole per gran parte incomprensibili. Proviene da Campobasso e probabilmente è nella Capitale già dalla sera prima. Ne omettiamo il nome per ovvi motivi. Afferma di essere “l’unico vero depositario del Vangelo”, così come ampiamente documentato dalle cronache nei giorni a seguire. Di mestiere, è un affermato commerciante di accessori per abbigliamento, titolare, in quegli anni, di una nota e ben avviata bottega nel centro di Campobasso. La sua corsa finisce tra le braccia dei gendarmi vaticani, che all’ultimo momento lo bloccano impedendogli di afferrare il microfono. Forse – diranno poi in molti -, voleva lanciare un messaggio alla folla o, addirittura, al mondo intero. A seguire, l’ identificazione e le altre formalità di rito; viene accertata anche l’età: 32 anni. Poi il passaggio di consegna ai poliziotti italiani del Commissariato Borgo, che a loro volta dirottano il giovane all’Ospedale Santo Spirito, per accertarne lo stato di salute. Tempestivo ed impeccabile il servizio d’ordine. La cerimonia prosegue senza altri intoppi e Plunkett diventerà Santo come da programma. Questi i fatti di 50 anni fa. Frammenti di cronaca e di storia oggi ripresi dall’abile matita dell’artista campobassano Amerigo Malzone, che in un disegno realizzato in esclusiva per la nostra Testata, riprende quell’episodio tanto singolare quanto dimenticato.
Antonio Lanza

