Lucio Domizio Enobarbo Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico (latino: Lucius Domitius Ahenobarbus Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus; Anzio, 15 dicembre 37 – Roma, 9 giugno 68) è stato un imperatore romano.
Nato con il nome di Lucio Domizio Enobarbo, fu il quinto ed ultimo imperatore della dinastia giulio-claudia succedendo al suo padre adottivo Claudio nell’anno 54 e governò per quasi quattordici anni, fino al suicidio all’età di 30 anni circa.
Nerone fu un principe molto controverso; ebbe alcuni innegabili meriti, soprattutto nella prima parte del suo impero, quando governava con la madre Agrippina e con l’aiuto del maestro Seneca, filosofo stoico, ma fu anche responsabile di delitti e atteggiamenti dispotici. Accusati sommariamente di congiure contro di lui o crimini vari, caddero vittime della repressione la stessa madre, la prima moglie e lo stesso Seneca, costretto a suicidarsi, oltre a vari esponenti della nobiltà romana, e molti cristiani.
Per la sua politica assai favorevole al popolo, di cui conquistò i favori con elargizioni e giochi del circo, e il suo disprezzo per il Senato romano, come fu già per lo zio Caligola, fu molto inviso alla classe aristocratica (tra i quali i suoi principali biografi, Svetonio e Tacito), motivo per cui ne fu tramandata un’immagine di tiranno, parzialmente rivista dalla maggioranza degli storici moderni, i quali ritengono che non fosse né pazzo – come lo descrissero alcune fonti – né particolarmente crudele per l’epoca, ma che i suoi comportamenti autoritari fossero simili a quelli di altri imperatori non ugualmente giudicati.
Negli ultimi anni la paranoia di Nerone si accentuò, ed egli si rinchiuse in sé stesso e nei suoi palazzi dedicandosi all’arte e alla musica, in pratica lasciando il governo nelle mani del prefetto del pretorio, il sanguinario Tigellino. Anche se il suo comportamento ebbe certamente eccessi violenti e stravaganze, si può dire che non tutto ciò che gli venne imputato dagli storici contemporanei sia vero: ad esempio fu accusato del grande incendio di Roma, con l’obiettivo di ricostruire la città ed edificare la propria maestosa residenza, la Domus Aurea, fatto da cui gli studiosi moderni tendono a discolparlo. Nerone accusò dell’incendio i cristiani, che furono arrestati e condannati in massa. Infine, qualche anno dopo, abbandonato anche dai pretoriani e dall’esercito, venne deposto dal Senato (che riconobbe il generale Galba come nuovo princeps) e tentò di fuggire, ma alla fine, vistosi perduto, si tolse la vita nei pressi di Roma, nella villa di uno dei suoi liberti.
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