“Lo sciopero nazionale indetto dall’Unione camere penali (che si conclude oggi), con una forte partecipazione anche dei penalisti molisani, definito dagli stessi avvocati un forte gesto contro la mancata attuazione della riforma penitenziaria, pur muovendo da legittime rivendicazioni e sollecitazioni, non deve forzare il nuovo Parlamento, in attesa della costituzione del nuovo Governo, a compiere scelte affrettate”. Ad affermarlo è Aldo Di Giacomo, segretario generale del S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) che ribadisce la posizione del sindacato per una pausa di riflessione e di approfondimento sulla riforma carceraria. Il nuovo ordinamento giudiziario, così come è stato voluto dal Ministro Orlando e approvato, sia pure in parte attraverso alcuni decreti attuativi, dal Governo Gentiloni poco prima del voto del 4 marzo, a nostro giudizio, contiene troppi elementi pericolosi tra i quali il cosiddetto “scioglimento del cumulo di pena”, la riduzione dell’uso della detenzione, l’aumento di benefici ai detenuti, l’anticipo dei termini di scarcerazione anche con l’incremento del numero di braccialetti elettronici. L’errore più grave è l ‘aumento della liberazione anticipata a 75 giorni a semestre, oltre ad un insieme di altre previsioni che di fatto cancellano la certezza della pena. La cosiddetta rieducazione dei detenuti, come i cosiddetti problemi di affettività (le “stanze dell’amore”) – afferma Di Giacomo – non si possono confondere con un sistema carcerario che già oggi con le “celle aperte” produce gravissimi problemi al personale al lavoro negli istituti penitenziari, dove atti di violenza tra detenuti hanno avuto un incremento del 700% e ogni giorno 12 poliziotti in media sono costretti a ricorrere alle cure di sanitari. Così come non ci piace il cosiddetto “decalogo” per i detenuti sottoposti al 41 bis improntato sulla volontà di passare dal carcere “duro” al carcere “speciale”, magari con l’illusione di bloccare i “pizzini” e gli ordini che i boss dalle celle impartiscono comodamente con il telefonino. In proposito, salutiamo positivamente la decisione del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) su richiesta della Dda e dei carabinieri del Nucleo investigativo di Torino, di accordare il 41 bis, il regime carcerario più duro, ai fratelli Adolfo e Aldo Cosimo Crea, ritenuti da una serie di indagini (e relative sentenze) i capi della mafia calabrese radicata da decenni a Torino. Sono convinto – conclude Di Giacomo – che il nuovo Parlamento, in un clima politico che ci auguriamo si possa rasserenare e possa diventare scevro da strumentalizzazioni, riprenderà il tavolo del confronto per rivedere tutti gli aspetti della riforma tenuto conto che è impensabile risolvere i problemi della sicurezza, aggravati dai sempre più numerosi fatti di violenza come le rapine alle ville, le aggressioni agli anziani, con intere zone, quartieri di città in mano a delinquenti ed extracomunitari clandestini, svuotando le carceri e introducendo misure cosiddette alternative e di ravvedimento; con più malviventi in giro accade esattamente il contrario.
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