Ore 21.30. Si dice che i panni sporchi si lavano in casa, ed è per questo che gli agenti della Squadra Mobile della Questura di Campobasso avevano indagato un loro collega, finito successivamente davanti al giudice con l’accusa di accesso abusivo a sistema informatico con l’aggravante di aver agito nel ruolo di pubblico ufficiale. Il poliziotto, 54enne, utilizzando le password di una banca dati online accessibile solo quando l’agente è autorizzato a fini investigativi, sarebbe entrato nel sistema informatico per prelevare informazioni di altro tipo senza che gli fosse consentito. Le indagini interne lo avrebbero però messo nei guai, dovendo rispondere delle contestazioni in Tribunale, dove inizialmente il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione del caso ma trovando la resistenza del giudice che in seguito, su formulazione del capo d’imputazione della Procura, lo aveva rinviato a giudizio. Al termine del processo, oggi il giudice Teresina Pepe ha assolto l’imputato con formula piena perché il fatto non sussiste. L’avvocato difensore Maria Assunta Baranello è riuscita a dimostrare l’insussistenza della accuse, ottenendo una sentenza importante nonostante il pronunciamento della Cassazione del settembre 2017 secondo cui va integrata nel reato “la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che, pur essendo abilitato e pur non violando le prescrizioni formali impartite dal titolare di un servizio informatico o telematico protetto per delimitarne l’accesso, acceda o si mantenga nel sistema per ragioni ontologicamente estranee e comunque diverse rispetto a quelle per le quali, soltanto, la facoltà di accesso gli è attribuita”.
(foto archivio)