“Abbiamo raggiunto un importante risultato, un’altra associazione a delinquere dedita allo spaccio di stupefacenti è stata annientata, ma il nostro lavoro non è certo finito. Ci sono altri spacciatori in città. Noi riteniamo che solo a Campobasso ne siano presenti fra i 50 e i 60”. Sono le parole utilizzate dal Procuratore di Campobasso Nicola D’Angelo durante la conferenza stampa di questa mattina, convocata per illustrare i dettagli dell’operazione Drug Market, da una parte per elogiare il lavoro dei Carabinieri, dall’altra per lanciare un nuovo appello contro il consumo di droga e garantire il proseguo della lotta a coloro che lo stesso magistrato ha definito “venditori di morte”. Il fatto che l’attività venisse svolta direttamente in città da persone del posto dimostra, ha puntualizzato il Tenente Colonnello Emanuele Gaeta, che “ci troviamo ad un livello molto alto del fenomeno”. Appartamenti utilizzati come basi logistiche per lo spaccio, dove i consumatori si recavano quotidianamente per acquistare la propria dose di droga, cocaina principalmente, come si evince dalle telecamere nascoste e impiantate dai Carabinieri per certificare l’attività criminale dei due nuclei familiari coinvolti. Un’inchiesta nata nell’ambito dell’intensificazione dei controlli destinati al contrasto di reati predatori e legati allo spaccio di stupefacenti, durante i quali i militari hanno sequestrato piccole dosi di cocaina che hanno innescato il sospetto che in città fosse operante un’attività probabilmente condotta da un sodalizio di persone. Pedinamenti, accertamenti, appostamenti, intercettazioni telefoniche, hanno permesso di individuare i punti in cui avveniva la preparazione dello stupefacente e la cessione ai “clienti”, aspetto che ha ispirato il nome dell’operazione, “Drug market”, mercato o meglio punto vendita della droga. “Le due famiglie hanno capito che era necessario unire forze, conoscenze e soldi”, ha continuato Gaeta. “Agivano tranquillamente come fosse una normale attività lavorativa. Abbiamo registrato circa 1500 cessioni in meno di un anno”. Quando si verificavano contatti preventivi fra spacciatore e consumatore via telefono venivano utilizzati linguaggi criptati, ad esempio “carne”, “caffè”, “vino”, proprio come se il cliente dovesse andare al market a fare la spesa per mangiare. “Purtroppo – ha aggiunto D’Angelo – riteniamo che vi siano altri appartamenti a Campobasso dove avvengono o avverranno questo tipo di attività e i consumatori che si recavano presso le case individuate in questa inchiesta probabilmente si recheranno altrove. E qualora non vi fosse una base sul posto, gli stessi sarebbero costretti a recarsi nelle piazze di spaccio delle regioni limitrofe, rischiando di essere coinvolti nell’attività al fine di ripagarsi quantomeno le spese del viaggio. Inoltre è stato accertato come il consumo di droga, in alcuni casi, comporti la commissione di altri reati, come furti, rapine, lesioni ed estorsioni a familiari, spesso a causa delle situazioni di disagio in cui i consumatori vivono o comunque perchè non possono permettersi di acquistare la droga. È perciò necessario un lavoro sinergico a tutti i livelli per contrastare e sconfiggere questo fenomeno”. Sulle infiltrazioni malavitose. “Le organizzazioni malavitose, come la Camorra e la Sacra Corona Unita, guardano al nostro territorio solo dove conviene investire. La droga è sicuramente un canale su cui possono fare leva”.
(Nella foto in alto il Procuratore Nicola D’Angelo e il Sostituto Procuratore Vittorio Gallucci, all’interno il Tenente Colonnello Emanuele Gaeta)
Dettagli e foto dell’operazione qui.