Un capodoglio è stato trovato morto in Costa Smeralda, Sardegna, con un feto e 22 chili di plastica nel ventre. Le immagini sono raccapriccianti, così come il gesto di buttare i rifiuti a terra quando si cammina beati in strada o in spiaggia o come quelle che fotografano la fuoriuscita di rifiuti da depuratori causa il loro malfunzionamento.
Una triste realtà se si pensa che in Italia oltre un quinto del totale delle specie presenti è a rischio estinzione a causa del Marine Litter, uno dei nemici della biodiversità.
Dall’ultimo dossier Beach Litter di Legambiente, che scatta una fotografia sulla presenza di rifiuti nelle spiagge italiane, la regina indiscussa tra i materiali trovati è la plastica. Difatti, nelle spiagge monitorate dai volontari legambientini, il ben 95% di rifiuti presenti sono gli “usa e getta”, quelli, cioè, creati per concludere la loro vita immediatamente o subito dopo il loro utilizzo. Dalle bottiglie ai bicchieri, dai piatti alle buste, tutte rigorosamente in plastica. Il materiale che per poter essere smaltito nell’ambiente impiega molto più che una decina d’anni.
Una spiaggia di plastica, ma forse è più corretto dire, un mare di plastica considerando che quello che emerge in superficie è solo il 15% dei rifiuti presenti nei nostri mari. Noi vediamo una punta di un iceberg che nasconde un problema immenso: il Marine Litter e la perdita di biodiversità. Per contrastarli bisogna far si che i governi, di ogni grado, adottino politiche di prevenzione e sensibilizzazione ma anche una corretta gestione dei rifiuti coinvolgendo tutti i cittadini. Questo per fortuna sta avvenendo a piccoli passi se si valuta che, dopo quella del cambiamento climatico, il marine litter è la seconda emergenza mondiale che sta portando il pianeta terra alla deriva.
Di fronte a questa emergenza, che ha visto tra le ultime vittime tartarughe caretta caretta, cetacei ed altre specie marine protette, il Parlamento EU ha messo al bando le plastiche usa e getta approvando in via definitiva la direttiva europea n. 5483/2019.
Dal 2021 quindi, si dirà addio per sempre a piatti, bicchieri, posate e cannucce di plastica. Una “rivoluzione verde” che cambia di fatto il panorama industriale e abitudinario dei cittadini europei difatti, la direttiva, oltre al divieto di produrli, (di contro potranno essere utilizzati quelli biodegradabili considerato il ridotto impatto ambientale) prevede anche l’obiettivo di riciclo, rafforzamento della responsabilità dei produttori nella raccolta e smaltimento dei rifiuti. Una responsabilità in capo a quest’ultimi di notevole importanza, considerando che finché produrranno tali materiali dovranno prevedere anche il loro corretto smaltimento, in linea con il principio di “chi inquina paga”.
La direttiva, però, prevede anche ulteriori obiettivi in capo agli Stati Membri come quello di dover raccogliere almeno il 90% entro il 2029 di bottiglie di plastica monouso per bevande, con un target intermedio del 77% al 2025. Nel mentre è obbligo dei produttori, a partire dal 2024, di fissare il tappo alla bottiglia per evitare la sua facile dispersione. Al fine di incrementare la qualità della racconta differenziata e del riciclo della plastica, il Parlamento EU ha previsto anche che, nella sua produzione, la stessa bottiglia debba contenere un contenuto minimo di materiale riciclato (almeno il 25% entro il 2025 ed il 30% al 2030).
Un regime di responsabilità in capo ai produttori facendoli diventare dei veri e propri garanti delle buone abitudini dei cittadini europei dal momento che dovranno contribuire anche ai costi di gestione e bonifica dei rifiuti, come pure quelli delle misure di sensibilizzazione per alcuni prodotti come sigarette, attrezzi da pesca, contenitori alimentari, salviettine umidificate, borse in materiale leggero e palloncini. In questo modo si andranno a ridurre notevolmente i costi della raccolta, della rimozione dei rifiuti e delle misure di sensibilizzazione, con la possibilità di accordi volontari tra produttori e autorità nazionali.
Questo importante passo fatto è frutto di un lavoro che vede la Commissione EU, già un anno fa, a presentare la direttiva con l’obiettivo di ridurre l’inquinamento dei “dieci prodotti di plastica che più comunemente si trovano sulle spiagge europee”.
E l’Italia? Cosa sta facendo per tutelare l’ambiente? Il Consiglio dei Ministri, all’indomani dell’approvazione di questa direttiva europea, ha approvato il ddl “Salva mare” che permette ai pescatori di portare a riva i rifiuti marini trovati accidentalmente nelle loro reti durante il loro lavoro e consegnarli in un’isola ecologica appositamente realizzata. Finora i pescatori non potevano assolvere a questo compito altrimenti sarebbero stati multati per traffico di rifiuti, vedendosi quindi costretti a ributtarli in mare. Da oggi i pescatori saranno le vere sentinelle del mare, il loro contributo sarà significativo per contribuire alla tutela dei fondali marini e dell’ambiente.
Il tema della plastica, di notevole importanza, ha però scosso, già nell’ultimo anno, le coscienze di amministratori locali facendo sentire la loro voce in Molise. Il comune di Campobasso ha anticipato la direttiva dove, nello scorso novembre, metteva al bando la plastica, nelle proprie sedi, così da prendere ad esempio il gesto del Ministro dell’Ambiente Sergio Costa.
E così se il miglior rifiuto è quello non prodotto, ogni cittadino dovrà avere il compito di fare delle scelte sostenibili anche nei gesti quotidiani scegliendo prodotti senza imballaggi o magari con ridotta quantità di plastica, stoviglie in ceramica o biodegradabili, buste riutilizzabili o biodegradabili o l’utilizzo dell’acqua del rubinetto a discapito delle bottiglie in plastica.
Potremmo fare tanto con questi piccoli gesti, potremmo salvare il mondo.
Manuela Cardarelli
Presidente Legambiente Molise