Riceviamo e pubblichiamo.
“Buongiorno Direttore, Le racconto una storia. Anzi, un festival di disastri, mortificazioni e mala gestione, che da anni opprime ed umilia la dignità di un gruppo di lavoratori: quelli del CUP, addetti alle prenotazioni presso l’Asrem. Sarà forse per vuoti normativi, oppure per l’italico tirare a campare, o forse ancora perché la Caporetto sanitaria molisana è talmente grave, che le “Caporetto minori” non trovano spazio sotto i riflettori delle cronache. Poi la gente raggiunge l’esasperazione e compie gesti estremi, sotto i colpi di ingiustizie che nessuno ascolta e proprio in quel momento, si ripete il solito copione: sembra che il suicidato sia arrivato da Marte o da un’altra lontana galassia; invece era in mezzo a noi, con lo sguardo perso ed impotente, a ripetere ed ancora ripetere la propria storia, ad orecchie che non vogliono ascoltare. Veniamo ai fatti. Gli operatori CUP, dipendono da una società radicata fuori Regione, vincitrice di apposito appalto. Guadagnano tra le 700 ed 800 euro mensili per assicurare il servizio, a rotazione settimanale, in sedi che vanno da Campobasso a Termoli, fino a Isernia, passando per Boiano, Trivento e numerosi altri centri. Si muovono il più delle volte a spese proprie e con propri mezzi, perché non sempre gli orari del trasporto pubblico si incastrano con le previste turnazioni. Il tutto è supportato da indennità di pochi spiccioli, fatte passare per mera concessione. Tempo addietro, qualcuno è anche incorso in un incidente stradale. Per ben intenderci, possiamo concludere che un “reddito di cittadinanza”, attestato su 500/600 euro mensili si configurerebbe quale convenientissima alternativa a questo contesto di novella schiavitù. Girano per l’intera Regione come formiche impazzite, con la loro uniforme sempre in ordine, assicurando puntuale presenza ed efficienza presso gli sportelli. E il contesto, in termini di sacrificio, si aggraverà nei prossimi mesi, allorquando il nuovo appalto prevederà – come gira voce – ulteriori sedi di servizio, fino a Sesto Campano. Nel tempo, sono stati coinvolti anche legali: nessuna risposta. O meglio, una risposta c’è stata: pare che un gruppo di operatori sia stato additato come responsabile di piccoli ammanchi (5 euro di qua, 15 di là, venti da un’altra parte) nella rendicontazione di cassa giornaliera, con tanto di raccomandata postale da parte dell’Azienda, finalizzata a chiedere spiegazioni. Un altro colpo alla dignità personale di chi, forse, aveva tentato di “alzare la testa” per rivendicare i propri diritti. Ma un colpo duro anche all’intelligenza del personale medesimo, ben consapevole che indagini di questo tipo dovrebbero condurle le Autorità preposte e non l’azienda, a sua volta ben a conoscenza che le modalità di consegna degli importi incassati non sono standardizzate nelle diverse sedi di servizio e il più delle volte corrispondono ad un fumoso guazzabuglio. Ed allora, tutto questo, in buon italiano, si chiama terrorismo. Terrorismo tendente a schiacciare l’individuo senza pietà e senza difesa. Complici, evidentemente, anche vuoti normativi che consentono di vendere ed appaltare servizi a “pacchetto”, con modalità pratiche che, di fatto, azzerano ogni diritto del lavoratore legato ad indennità di cassa, indennità di spostamento, buoni pasto e l’elenco potrebbe proseguire. Si tratta infatti di persone assunte una ventina di anni fa con la qualifica di “addetto alla portineria”; ora, novelli schiavi, senza diritti, che mentre percorrono il Molise in lungo e in largo, invidiano i titolari di reddito di cittadinanza. A queste persone, forse, altro non resta che un appello al Garante dei Diritti della Persona (comparto Difesa Civica). Nella barca della Sanità regionale, tra ospedali che chiudono e reparti al collasso, ci siamo anche noi: chiusi a remare in una stiva, con una palla d’acciaio al piede e con un guardiano pronto a frustare. La ringraziamo, Direttore, per lo spazio concesso“. Lettera firmata
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