È la Festa della Liberazione, in ricordo della cacciata dei nazifascisti dall’Italia durante la seconda guerra mondiale e delle tante vittime partigiane di quello scontro in cui persero la vita anche tanti civili. In tempo di pandemia le cerimonie in Molise come nel resto d’Italia saranno sobrie e con pochissime presenze fra rappresentanti istituzionali e delle associazioni. L’occupazione tedesca e fascista in Italia non terminò in un solo giorno ma si considera il 25 aprile come data simbolo, perché quel giorno del 1945 coincise con l’inizio della ritirata da parte dei soldati della Germania nazista e di quelli fascisti della repubblica di Salò dalle città di Torino e di Milano, dopo che la popolazione si era ribellata e i partigiani avevano organizzato un piano coordinato per riprendere le città. La decisione di scegliere il 25 aprile come “festa della Liberazione” venne sancita il 22 aprile del 1946 in un decreto dal governo italiano provvisorio, il primo guidato da Alcide De Gasperi e l’ultimo del Regno d’Italia.
Il presidente della Regione, Toma: “Recuperare lo spirito unitario”
«Nei giorni che stiamo vivendo, senza poterci incontrare in strada e nelle piazze, non possiamo non ricordare la Festa della Liberazione e riflettere sul sacrificio di tante donne e uomini, che hanno dato la vita per consegnarci un’Italia democratica. Il 25 aprile non è stato mai festeggiato all’insegna della coesione e dell’unità, quantunque la liberazione dell’Italia dal regime nazifascista e la fine del secondo conflitto mondiale in Italia siano ascrivibili ad un’azione combinata alla quale contribuirono in molti, dalle Brigate partigiane, al cui interno militavano patrioti di diversa estrazione politica, ai gruppi del ricostituito Esercito italiano confluiti nel Contingente italiano di liberazione, dal Comitato di liberazione alle Forze alleate rappresentate da una pluralità di soldati diversi tra loro per nazionalità, razza e religione. Fu una lotta aspra contro l’esercito tedesco e i repubblichini di Salò, combattuta per l’affermazione della democrazia e della libertà in un’Italia mutilata dalla guerra e oltraggiata da vent’anni di dittatura fascista. Ma la Resistenza non fu solo questo. Fu un percorso prodromico che gettò le basi per quelle che, di lì a poco, furono le conquiste democratiche del Paese: la nascita della Repubblica Italiana e la Costituzione antifascista. È in questa ottica che dobbiamo recuperare lo spirito unitario del 25 aprile come festa di tutti, a prescindere dal colore politico. E lo dobbiamo fare, forse, contestualizzandolo all’attuale momento che oggi, come allora, chiama in causa il sacrificio di noi tutti e la volontà di ripartire e di ricostruire il Paese provato da questa nuova “guerra” contro un nemico invisibile». La riflessione del presidente della Regione Molise, Donato Toma, sulla Festa della Liberazione.
Il sindaco di Campobasso, Gravina: “Regole democratiche rischiano oggi di apparire scontate”
“Anche la costrizione dei tempi e dei modi, nella quale in questo periodo siamo chiamati a muoverci e ad agire, non può impedire al ricordo di tutta la nostra nazione di prendere corpo, dopo settantacinque anni, ancora una volta in questo giorno. Proprio per festeggiare questi settantacinque anni di libertà democratica, in tutta Italia erano originariamente previste manifestazioni degne di una tale ricorrenza che però si è stati costretti a rinviare. Il 25 aprile è una data che non serve solo a marcare l’incedere della storia, ma rappresenta l’indizio principale della volontà democratica dell’intero Paese in cui viviamo che da allora ha saputo sviluppare radici così forti e solide in grado di permettergli di resistere alle mistificazioni, preservandolo dagli estremismi che, nel corso degli anni, hanno più volte provato a rovesciarne il senso e interromperne la crescita. La possibilità della libertà per il nostro popolo ha preso il via da lì, da quel risveglio e da quella tragedia vissuta sulla propria pelle. Da quel momento, da quel 25 aprile del 1945, abbiamo intrapreso la costruzione delle regole democratiche che oggi la nostra Costituzione custodisce, come uno scrigno prezioso e vitale, e che garantiscono ad ognuno di noi di poter chiedere il rispetto per ciò che si è come uomini e donne oltre che come cittadini. Oggi si corre il rischio che tutto questo possa apparirci come qualcosa da dare per scontato, ma settantacinque anni fa non lo era affatto e chi sacrificò la propria vita per permettere alla nostra nazione di spezzare il giogo che per oltre un ventennio l’aveva tenuta legata ad un’ideologia catastrofica, lo fece nella convinzione che proprio la libertà fosse il bene più grande da poter lasciare in dono al proprio Paese. Ciò che allora fu sconfitta fu l’idea insopportabile della dittatura, delle limitazioni delle proprie idee e libertà personali, un’idea che fu capace di incendiare letteralmente il mondo facendolo diventare un falò nel quale vennero bruciati corpi, interi popoli, città e nazioni in nome di presunte superiorità legate alla razza. L’Italia proprio dalla libertà seppe ripartire, per ricostruirsi totalmente dalle fondamenta. Animata da quello stesso anelito di diritto e di uguaglianza, la nostra nazione non baratterà mai più, men che mai in tempi difficili e impegnativi come quelli che ci ritroviamo a vivere oggi, ciò che la storia dolorosamente ci ha insegnato permettendoci di diventare una repubblica moderna e democratica, con le promesse illusorie di chi ritiene di essere il depositario di un’unica chiave di lettura della realtà. Oggi il nostro Paese è maturo e capace di appartenere ad ognuno di noi donando a ciascun cittadino la libertà conquistata quel giorno, il 25 aprile del 1945.”