Oggi, 30 aprile 2020, ricorrono i settanta anni dalla morte di Francesco Jovine. Lo vogliamo ricordare, scrive in una nota l’associazione Borghi d’Eccellenza, con una poesia assai struggente, piena di amore per una figura che ha dato lustro ad un piccolo paese interno del basso Molise. Una figura che ha amato la sua gente, ha vissuto per essa e mai, come si evince dai suoi mirabili scritti, l’ha dimenticata. Esaltazione pura di un uomo che ha saputo, come nessuno, raccontare le bellezze e le arretratezze di un territorio fatto di zappa e lavoro, di brava gente che usurpata della libertà, si aggrega e si rende mentore di una rinascita senza pari, senza schemi e sempre piena di amore. La poesia, tratta dal volume illustrato in occasione della Giornata Mondiale della Poesia la cui artefice è Antonietta Aida Caruso, ha un titolo significativo e rievocativo della giovinezza dello scrittore molisano. Giovinezza vissuta a Guardialfiera sino a quando per esigenze di studio dovette emigrare nella Capitale dove tanto scrisse senza mai lasciar il pianto su quel viso fatto di guance e sigaro e scritti di penne luccicanti su di un quaderno a quadretti dalla copertina nera, quasi a copiar il libretto del credito della spesa. Tutto questo grazie alla penna e alla tenace voglia di “Terra”, di “Campanile”, di una poetessa dal volto umano, triste, piena di vita vissuta all’angolo della stanza, Rosanna Palazzo.
Una poetessa che mai ha varcato la soglia dell’imponderabile voglia di esserlo ma che ha profuso verso l’esterno tutta la sua forza supportata da un cuore che del battito ne ha fatto afflato e partecipazione. La sua voce rimbomba come un unico appello al ritorno di chi spera come sempre che lo stesso sia premiante, bello, per tutti e senza limiti di campanile. Una poetessa dalla lunga chioma che ricompone un viso solcato da sofferenze che alla fine son state ripagate dall’amore di chi ha saputo vederla come la poetessa senza tempo nel nostro tempo, una poetessa dal vento che sferza il lago e posa indelebile sul belvedere della Guardia, un petalo di rosa di nome “rispetto”. La poesia descrive Jovine come un giovanotto decisamente diverso, sempre con quaderno e penna, alla ricerca di racconti di vita ascoltando gli anziani per trarne a sé ogni silloge ed ogni preziosa perla. La fonte storica sono gli anziani dalle mani piene di calli e dalla vista offuscata dalla cataratta. Francesco Jovine lo aveva capito e, non giocando con la palla, come gli altri ragazzi, già costruiva la sua vita da scrittore. Dovette andar via, migrare come migrano gli animali in cerca di cibo e, un volta trovato, spargono semi di libertà. Egli ha sparso semi di libera penna per le più belle odi dedicate a un Molise che tutt’ora non conosce a fondo il vero cantore di una terra superbamente strabiliante. La poetessa ne fa vanto e, raccontando un po’ di sé, ci porta in un mondo debitamente fuori dal Mondo stesso. Viaggiamo con lei per poi tuffarci nella sua splendida poesia in forma dialettale.
– Da bambina andavo sempre di fronte alla sua casa ormai disabitata, mi bloccavo con le mani in tasca e il naso all’insù di fronte alla sua finestra, riuscivo a sentire addirittura i suoni che uscivano da quella casa. In una fredda serata invernale, da quella finestra uscì all’improvviso un barbagianni, io, nel vedere gli occhi di questo uccello, mi spaventai e corsi a più non posso nelle stradine di Piedicastello. Con il fiato corto, promisi a me stessa di non tornare mai più a curiosare nella sua casa. Mi convinsi che fu proprio Francesco Jovine a farmi spaventare, perché magari stava scrivendo un romanzo e non voleva essere disturbato.
Da adulta, questo ricordo continuava a farmi compagnia, e sorridendo della mia ingenuità infantile, ho deciso di dedicargli una poesia. Prima di scriverla, ho parlato a lungo con gli anziani del paese che ha dato i natali a entrambi, Guardialfiera, per cercare in ognuno di loro qualsiasi cosa potesse riaccendere, nelle strade che quotidianamente percorro, il suo ricordo.
U’ UA’ JASTRON di Rossana Palazzo
– U’ ua’ jastron !
Er nù ua’ jastron !
Ma non!..Com a tutt quand’ latr’…
G’rav sembr’ ch’ nù quadern’n nir, penn e calamar,
a pied castiell, nù p’rton abb’tav..
n’jquav,…né a …vri’ c^ -l…e né a pallon….
z’ s’tav, sembr v’cin a nù viecch’,..
cà z f’mav u p’ pòn…
u’ viecch’j, l’parlav,..e zà rà q-n dav…
stù ua’jastron,…zitt’, la s’q-tav…
ogn cos,..n’gopp ù quadern’n…nir,à r’p-r-tav…
l’parlav,da terr…da bùs e soprùs…
e…d’man spaccat…
ù uà’jastron, …cà man te’nn-r
a spall..là l’sciav !
uà’jò!..I t’ par’l,… ma n’ndat t’ved…
i tieng’g l’uòcchj,ch nù vel!
Ma chì à si’è?..a chi appartien!
..i song ù fi’j d’Ang’l-jòn..
Pur patr’m r’vot a terr cù zappòn…
i…n’ vùo’j, zappà..v-vùo’j..rà-q-n-dà..
dendr’i libb’r,… ve p’ r-tà…
…a scr’v-l bùon,…ma rach’mànn…
È vit ver…n’là spr’cà..
…ù uàjon..é cr’sciut!
…è z’ne jut l’n-dan…
..na cap’tal..é r’vat…
…l libb’r , la scìtt’ ..e a scritt assà…
– A parla, d’ questà Terr!!!
Cà Iss,… ..a’ amt assà !!!
Commento Critico. Singolare e puntuale il ritratto del ragazzo Jovine, da cui si delinea il racconto delle sue abitudini e traspare il contatto con la sua gente e i suoi luoghi. Lo scrittore a malincuore si allontana dal Molise per inseguire il sogno della scrittura, con la quale celebrerà la sua terra per sempre.