Molti timori ma anche speranza e voglia di lavorare. Di fronte a un problema mondiale che ha causato finora oltre 300mila morti, di cui un decimo in Italia, costringendo il Governo a fermare un Paese intero per contenere il contagio da coronavirus, anche i commercianti di Campobasso sanno che dopo due mesi di chiusura forzata c’è da trottare a testa bassa. E ripensare in qualche modo la propria attività. Nonostante abbiamo fatto ormai l’abitudine alle mascherine, la nuova normalità restituisce una immagina surreale. Giovanna, parrucchiera di via Roma (foto in alto), indossa una mascherina e una protezione in plexiglass. Cura due clienti alla volta, che si trovano sedute a oltre un metro di distanza l’una dall’altra. L’uso di gel e disinfettanti, che era già abituata ad utilizzare, ora è ancora più rigoroso. Si può entrare solo su prenotazione.
“Stanno arrivando puntuali ed è molto importante per evitare che qualcuno aspetti fuori il suo turno“, commenta. “Cerchiamo di rispettare tutte le misure di prevenzione e guardiamo avanti“. I bar diventano luogo di ritrovo dopo settimane di lockdown e uscite limitatissime ma dentro bisogna essere in pochi, distanti e con le mascherine, da abbassare solo al momento della consumazione. Carmine, del bar di via D’Amato (foto in fondo), ha garantito la presenza del gel igienizzante per le mani all’ingresso e non deve affannarsi troppo per far rispettare le regole. “Devo ammettere che i clienti sono attenti e a mio avviso il timore contribuisce al rispetto delle distanze“, ci informa. Sul fronte economico, per Carmine bisogna ancora pazientare. “La gente ha paura, non si vedono molte persone e il fatto che tanti uffici pubblici sono ancora chiusi pesa“.
Girando per la città alcuni negozi, nonostante il via libera del Governo, sono ancora chiusi. Da quello che si intuisce non è solo questione di mancata autocertificazione. “C’è chi ha previsto una chiusura lunga e non ha soldi per affrontare delle spese o vuole rimandarle in attesa che riprenda una certa routine sociale“, afferma un esercente del centro, parlando con noi. Ma sotto accusa vengono messi anche gli aspetti burocratici. “C’è tanta confusione, qualcuno vuole evitare di incorrere in sanzioni“, le parole del titolare di un negozio di abbigliamento. Davanti all’attività di Giacinto, a via Roma (foto qui in basso), c’è un gruppo di amici che aspettano il loro panino ordinato poco prima. Sono a debita distanza ma ogni tanto lui dà un’occhiata per controllare. Come fosse un vigile. Nel locale non entra nessuno, i clienti vengono serviti all’ingresso dove è stato piazzato un tavolino a mo’ di bancone.
I posti a disposizione per sedersi, seguendo le norme anti Covid, si possono contare sulle dita di una mano. “Prima dell’emergenza potevo far sedere quindici persone“, fa il conto. “Se prima fatturavamo 100 oggi fatturiamo 25 mentre le spese sono sempre le stesse. L’asporto va benino nel fine settimana ma fino ad ora ha costituito solo un terzo delle richieste a cui eravamo abituati. Per ora non cambia nulla, dobbiamo aspettare“. Cambiamenti ci sono anche per quelle attività a cui era concesso di restare aperte durante il lockdown. E’ il caso di Jacopo, edicolante di piazza della Repubblica, che fino alla scorsa settimana apriva la saracinesca solo la mattina. “Effettivamente c’è più movimento però è presto per fare stime. Probabilmente nei prossimi giorni col ritorno alla normalità si avranno numeri più accettabili in termini di utenza“.