Aveva allestito un laboratorio fai da te di piantine di marijuana per estrarne olio di cannabis da spacciare in maniera illegale. Un business da affiancare alla tradizionale cessione di stupefacente, reso possibile grazie ai vantaggi del dark web e sfruttando lo stabile in cui viveva anche il padre. L’uomo, 38enne di Guardialfiera, arrestato nelle scorse ore e rimesso in libertà dopo la convalida dell’arresto da parte del gip con obbligo di dimora nel comune bassomolisano, usava scattare anche delle foto per pubblicizzare la sua attività, sfruttando probabilmente il passaparola di contatti fidati. Il periodo di lockdown dovuto all’emergenza coronavirus lo avrebbe spinto a evitare spostamenti per il rifornimento e affidarsi al web, che come ha ribadito il Procuratore del Tribunale di Larino, Isabella Ginefra (foto in basso), “presenta diversi lati oscuri”.
I semi di cannabis, legali, una volta ordinati arrivavano a destinazione con un pacco anonimo, senza descrizione del contenuto. All’interno tutte le istruzioni per la produzione e la coltivazione delle piantine, compresi gli orari da rispettare in maniera ferrea per la concimazione e l’annaffiatura. Uno dei tre piani dello stabile era destinato all’abitazione, gli altri due erano diventati un laboratorio dotato di serre indoor per la collocazione delle piante, di lampade ultraviolette e sistemi di ventilazione, oltre che attrezzature per essicazione, confezionamento e pesatura. I 4 coltelli, il pugnale e il machete ritrovati dagli inquirenti in casa – che peraltro non sono risultati una sorpresa visto che il 38enne ha precedenti per detenzione illegale di armi – servivano probabilmente per tagliare le piante essiccate. La specialità restava l’olio di cannabis, generalmente utilizzato in piccole dosi per uso terapeutico e destinato probabilmente allo spaccio ai consumatori fatto all’oscuro degli organi di controllo.
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E questo sarebbe un crimine?