L’interazione tra sistema immunitario e sistema nervoso come punto chiave dell’insorgenza dell’ipertensione arteriosa e dello sviluppo del danno che questa patologia può arrecare a diversi organi del corpo, bersaglio dei livelli elevati di pressione. È questo l’argomento al centro della “review” pubblicata sulla rivista scientifica Hypertension a firma della professoressa Daniela Carnevale – Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università Sapienza di Roma e Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale Neuromed – come estratto della lettura sul tema, tenuta durante il congresso internazionale dell’ipertensione arteriosa dell’American Heart Association, in occasione del ricevimento del premio “Mid Career for Research Excellence”. Le review sono articoli scientifici in cui un ricercatore particolarmente esperto in un settore riassume le conoscenze scientifiche esistenti e valuta le prospettive future. Quella pubblicata su Hypertension evidenzia, in particolare, i progressi che la ricerca ha fatto negli ultimi anni nel capire come il sistema nervoso autonomo (che regola le funzioni di base dell’organismo) agisca su quello immunitario nel determinare la patologia ipertensiva. Ricerche alle quali proprio il Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale ha contribuito notevolmente. “Il concetto di base di questo articolo – dice Carnevale – è la necessità di cambiare il modo in cui guardiamo al ruolo del sistema nervoso in questa patologia. In medicina è noto da molto tempo che una eccessiva attivazione del sistema nervoso simpatico è fortemente implicata nell’ipertensione, sia a livello dei compartimenti vascolari che dei reni. Ora abbiamo di fronte una strada diversa: l’azione dello stesso sistema nervoso autonomo sui meccanismi immunitari. Questo concetto potrebbe portare a nuovi approcci terapeutici, nei quali possiamo pensare di modulare proprio l’interazione tra i due sistemi. Naturalmente agire sul sistema immunitario rappresenta sempre una strada da seguire con molta cautela, per questo sarà probabilmente cruciale un approccio di medicina di precisione, studiato sul singolo paziente”.
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