Il contagio da coronavirus sta conoscendo dati differenti rispetto alla scorsa primavera in Molise, come nel resto d’Italia, che da una parte sono la diretta conseguenza di fattori e scenari cambiati, quindi in qualche modo prevedibili, e dall’altra dimostrano la necessità di mantenere altissimo il livello di guardia, nel rispetto delle misure di prevenzione e con senso di responsabilità collettivo. In questo autunno il Molise sta facendo i conti con numeri che prima non conosceva. A partire dai positivi. Al 21 ottobre i casi di Covid-19 accertati e contemporanei sono 456 (dati Asrem). In primavera, in regione, mai si era toccato questo picco. Basti pensare che per vedere una cifra simile sul bollettino bisogna andare in piena estate, ossia al 22 luglio, quando un cluster a Campobasso fece toccare la soglia dei 459 casi accertati da inizio emergenza sanitaria, ma le persone che risultavano ancora positive quel giorno erano solo 17!
Più tamponi e assenza di lockdown.
I dati attuali possono essere letti alla luce di due importanti aspetti. Il primo è l’aumento dei tamponi. In Molise in alcuni casi sono addirittura quintuplicati rispetto alla media di marzo-aprile. Se prendiamo due vecchi bollettini notiamo che, ad esempio, fra il 2 e il 4 aprile furono processati appena 220 tamponi. Erano le allora disposizioni dell’Istituto nazionale della sanità e del Ministero della Salute, a cui l’Asrem doveva adeguarsi in maniera commisurata alla popolazione e all’andamento del contagio. Non c’era ancora lo screening a tappeto o addirittura quello preventino, se non per il personale sanitario. Molti potenziali contatti dei casi positivi erano chiamati alla quarantena senza necessariamente essere sottoposti a tampone. Stesso discorso per chi rientrava da fuori regione. E quelli oggi richiesti dai medici di famiglia prima erano molto più filtrati. Prima delle recentissime disposizioni nazionali, che hanno cambiato alcuni criteri su guariti e quarantena, i tamponi cosiddetti di “controllo” sui positivi in via di guarigione per un lungo periodo erano aumentati. Il 17 ottobre per la prima volta sono stati processati in Molise oltre 1000 tamponi. Chiaro che in questo modo c’è la possibilità di dare per certo un caso solo potenziale. Va ricordato peraltro che i numeri dei bollettini Asrem fanno riferimento a situazioni individuate ma non a quella reale, che quasi certamente conta molti più positivi di quelli accertati. L’altro grande aspetto che favorisce la diffusione del contagio è il ritorno alla socialità. Da metà marzo a metà maggio c’era il lockdown. Oggi la socialità è comunque condizionata dalle misure di prevenzione personali (mascherine, distanze, limitazione nell’uso delle mani e continua pulizia raccomandata delle stesse) e dalle regole imposte a operatori economici ed enti pubblici, fattori che aiutano a contenere le diffusione del contagio ma non la eliminano soprattutto laddove i rischi aumentano per via di distrazioni, negligenza o comunque situazioni che difficilmente possono essere evitate (pensiamo ad una persona che viene contagiata all’esterno e trasmette il virus a familiari e parenti con cui si vive una socialità con meno barriere sociali).
In calo l’età media dei positivi.
Secondo le statistiche elaborate dall’Asrem, è in calo anche l’età media degli attuali positivi in Molise. Ad aprile era di circa 54 anni. Al 18 ottobre è di 41. Un calo medio di oltre 10 anni dovuto soprattutto all’elevato numero di casi fra i giovani, molti rientrati dalle vacanze o comunque da fuori regione, che hanno poi contagiato in alcune circostanze non solo i familiari ma anche i coetanei. Inoltre con la riapertura delle scuole si stanno registrano diversi positivi fra gli studenti che hanno fatto scattare come da protocollo la sospensione delle lezioni in presenza per la classe frequentata o per l’intera scuola.
Meno ricoveri e meno decessi.
Rispetto a marzo-aprile si registrano anche meno ricoveri al Cardarelli, al momento unico centro Covid del Molise. Al 21 ottobre ne sono 13 di cui uno in terapia intensiva. Sempre prendendo ad esempio il 2 aprile scorso, in quella giornata – con meno casi di Covid-19 accertati in regione a confronto di oggi – se ne contavano 29, di cui 6 in terapia intensiva e 2 in sub intensiva, ossia il 17% dei positivi individuati dall’Asrem. Oggi è ricoverato il 2,85% dei casi attuali accertati. Si registrano anche meno decessi al momento. Da settembre sono 3 quelli relativi a persone che avevano contratto il Covid, fino a giugno – quindi in meno di 4 mesi – ne erano stati 23. La spiegazione andrebbe trovata sia nel miglior trattamento dell’infezione, frutto di alcuni mesi di esperienza, sia nello stesso abbassamento dell’età media, che tendenzialmente porta ad una migliore risposta immunitaria e al trattamento, sia alla minore sofferenza dei reparti rispetto alla primavera. E’ anche vero che non siamo ancora a metà autunno e c’è ancora un inverno da attraversare in convivenza col virus, ragione per cui la situazione potrebbe ulteriormente cambiare e l’attenzione dovrà essere ancora più forte.