Una testimonianza cruda, quella di una giovane molisana che vive in Abruzzo e che da una mese non vede sua madre, lavoratrice instancabile, che non si è risparmiata in questa pandemia, mettendo anche a repentaglio la sua salute, assistendo gli ospiti di una rsa molisana, una delle tante in Molise finita nella morsa del Covid-19. Il virus ha colpito anche la donna che ora, per via dell’ordinanza firmata dal sindaco, è “segregata” nella casa di riposo senza possibilità di uscire. Nella lettera aperta, che consegna drammaticamente uno spaccato del nostra realtà territoriale in un anno tremendo, la giovane molisana evidenzia le difficoltà e rilancia l’appello affinché venga data la possibilità a sua madre di portare a termine la guarigione in isolamento nella sua abitazione.
“Mi chiamo Sara D.C. ed ho 37 anni, sono un’insegnate e vivo in Abruzzo, a Lanciano, ma sono originaria del Molise (Sant’Angelo del Pesco). Mi trovo qui a scrivervi sperando in un vostro aiuto e confido vivamente in questo. La causa è la situazione in cui si trova a vivere mia madre e tutta la mia famiglia. Non vedo la mia famiglia dal 1 novembre, causa pandemia, e mi trovo purtroppo in una situazione allucinante!
Mia madre è un’operatrice socio sanitaria presso la RSA “San Nicola” di Castel del Giudice e dal 9 dicembre si trova rinchiusa in tale struttura in quanto il sindaco del paese e l’Asrem vietano sia a lei che agli altri operatori di uscire. Prima del 9 dicembre sono stati effettuati i tamponi molecolari a tutti gli ospiti ed al personale che si trova nella struttura indicata e quello di mia madre è risultato negativo. Rientra a lavorare il 9 in quanto era in malattia per alcuni giorni, viene comunicato di dover restare nella struttura dal 12 dicembre per una settimana e di seguito viene imposta un’ordinanza da parte del sindaco fino al 18 dicembre. Tale ordinanza non viene da me letta e neanche da mia madre. La cerco sul sito del Comune e su quello dell’Asrem ma non vi è traccia. Il 18 vengono effettuati altri tamponi al personale e ai pazienti e l’esito viene divulgato il 19. Il 19 stesso mia madre accusa sintomi quali febbre, tosse e mal di ossa, il tampone è positivo. Risultano positivi anche altri operatori i quali continuano a restare nella struttura e a lavorare. Il sindaco emana un’altra ordinanza (che trovo sull’albo pretorio del Comune) in cui viene ordinato di restare ancora nella struttura fino al 21 dicembre. Il 21 dicembre viene comunicato dal sindaco stesso che codeste persone non possono andare in isolamento presso altra abitazione ma dovranno restare nella struttura. Mia madre continua a spiegare che l’ambiente in cui si trova non è consono per la cura dalla malattia e che è necessario per lei andare in isolamento domiciliare presso un’altra abitazione. Ma ciò non viene ascoltato e le viene ribadito di non poter uscire ma di dover restare lì.
Dunque mia madre ha 62 anni ed è sempre stata una grande lavoratrice, non per altro era consapevole di ciò che poteva accadere lavorando in un centro del genere in questa pandemia, ma non è possibile uscirne fuori se non è in completo isolamento in quanto vi è altro personale che circola, non riceve i pasti ad orari consoni dato che il poco personale che c’è deve lavorare prima per i pazienti e poi pensare alle operatrici positive a letto. Dal punto di vista psicologico non c’è nessun supporto e ciò non giova. Stare lì su di un letto mentre intorno gira altro personale, senza un adeguato sostegno. Inoltre pur sostenendo di volersi spostare presso un’altra abitazione in isolamento, senza dunque tornare dalla propria famiglia per evitare di diffondere il contagio, le viene ribadito che questo non è possibile. Ma come si fa?! Questo è sequestro di persona! Dov’è la dignità umana?!
La mattina del 21 mia madre chiama in sindaco chiedendogli dunque di potersi spostare in isolamento presso una seconda abitazione e le viene detto che in mattinata ci sarà un’ordinanza in cui ogni operatore assumendosi la propria responsabilità potrà spostarsi in altra abitazione. Alle ore 18, e dunque dopo ore di attesa, lo stesso comunica che il giorno successivo 22 dicembre firmerà un’altra ordinanza per far sì che queste persone restino lì! Questo non è tutelare la salute delle persone bensì farle soffrire ancora di più! Mica si può ordinare ad una persona di restare reclusa sul posto di lavoro!
Mia madre andrebbe in isolamento in altra abitazione come vuole la normativa ma ciò non viene ascoltato.
Ho cercato la normativa della Regione Molise in merito ad eventuali spostamenti in casi del genere ma non ho trovato nulla.
Il 22 chiamo il Dipartimento di Igiene e Prevenzione e dopo ore riesco a parlare con la dottoressa Montanaro la quale mi dice che loro non c’entrano nulla e che per tale spostamento posso solo fare richiesta al legale rappresentante della struttura e al sindaco che ha emesso l’ordinanza. Ora mi chiedo: questi sindaci hanno il potere anche sulla dignità umana?
Nella struttura il personale positivo al Covid continua a lavorare, nonostante qualcuno abbia dichiarato di volersi anche licenziare per tornare a casa e vivere quest’incubo. Capisco bene che con un’ordinanza sindacale, quale atto amministrativo, il sindaco ha il “potere” ma ledere il diritto alla salute, che così non viene tutelato, mi pare assurdo. Anzi proprio per far fronte alla situazione in maniera più consona il personale in malattia dovrebbe, anzi ha il diritto, di isolarsi in un domicilio sanificato, libero, e non nella stessa struttura insieme agli ospiti. Io credo che con opportune misure mia madre possa uscire da questa situazione ed essere “scortata” presso il domicilio. Ma a quanto pare nessuno ci ascolta! [omissis]. Sappiamo bene che se va avanti così passeranno giorni e giorni e mia madre non ha neanche il diritto di stare in una camera singola con opportune misure. [omissis] Non si possono costringere le persone a curarsi in situazioni del genere pur avendo la possibilità di andare in isolamento come previsto dalla legge!“