Nemmeno il Decreto Sostegni varato dal Governo Draghi e che ha ristornato al settore del trasporto pubblico una nuova pioggia di risorse (800 milioni di euro) andata ad aggiungersi ai tanti ristorni e alle tante agevolazioni che già il precedente Governo Conte aveva assicurato alle imprese del trasporto pubblico locale, indennizzando e compensando i minori ricavi da traffico nonché i servizi di trasporto locale aggiuntivi assicurati dalle Regioni durante la fase pandemica, è servito a convincere le associazioni datoriali a rinnovare il contratto di lavoro degli autoferrotranvieri scaduto ormai nel 2017. Per queste ragioni FILT-CGIL, FIT-CISL, UILTRASPORTI, FAISA-CISAL e UGL Autoferro hanno proclamato un nuovo sciopero nazionale di 24 ore per la giornata di venerdì 26 marzo, a sostegno della vertenza per il rinnovo del CCNL dei lavoratori del trasporto pubblico locale ovvero proprio quella categoria che è stata sempre in prima fila sin dall’inizio della pandemia garantendo servizi ai cittadini ed esponendosi al rischio del contagio e che molto spesso è stata persino omaggiata da belle parole di ringraziamento per la dedizione dimostrata e per aver continuato senza fermarsi a svolgere il proprio lavoro con grande professionalità, spesso in condizioni di grave disagio, mettendo a rischio la propria incolumità e peraltro vedendosi ridurre il salario dagli ammortizzatori sociali.
“Evidentemente quegli omaggi e quei ringraziamenti – commentano i rappresentanti dei sindacati – si sono dimostrati più semplicemente una presa in giro da parte di quelle stesse aziende che al momento di sedersi al tavolo delle trattative per il rinnovo del contratto, hanno formulato proposte irricevibili ed offensive determinando la proclamazione di uno sciopero le cui responsabilità ricadono unicamente sulle imprese. Che poi sono quelle stesse imprese che anche in Molise si sono chiuse a riccio nel tentativo di conservare lo status quo, rinnegando e osteggiando quella riforma del settore da perseguire anche attraverso la valorizzazione del lavoro e che invece le imprese hanno provveduto a svuotarne il contenuto, puntando esclusivamente ad uno strumento utile per conseguire più risorse. Risultato: le aziende fanno cassa e alle lavoratrici e ai lavoratori del settore vorrebbero riconoscere pochi spiccioli. Lo sciopero è l’unica alternativa”.
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