“Family to family. Questo il nuovo modello di ospitalità che dovrebbe essere sperimentato al posto dei grandi numeri concentrati, come dovrebbe avvenire nel caso di San Giuliano di Puglia. Una famiglia italiana ospita una famiglia di migranti, volontariamente, con retribuzione e sotto controllo del sistema pubblico”. Questa, ad avviso di Micaela Fanelli, l’idea che andrebbe applicata per garantire integrazione e aiutare le famiglie con una iniezione di reddito significativa. “Si ridurrebbero, fino ad eliminarle, anche quelle forme distorte di guadagno che qualche soggetto pseudo imprenditoriale cerca (sono la minoranza, non significativa, ma presente in alcune realtà ad alta concentrazione). La proposta consentirebbe anche di non smembrare i nuclei familiari in arrivo, con beneficio per i minori, vale a dire colore che sono le principali vittime delle guerre e della miseria. Certo, servirebbero criteri chiari, come percentuali massime per comune in base alla popolazione; priorità per le integrazioni nel lavoro, facilitazioni per le imprese agricole familiari e così via. Non è immediato e non facilissimo da impostare, ma fattibile ed entusiasmante, perché umano. Mi piacerebbe realizzarlo già nella nostra sperimentazione di area interna – Snai, che stiamo elaborando come Fortore», dice ancora Fanelli. Che ha già scritto a Minniti, De Vincenti e Borghi, nonché sottoposto la proposta a Frattura e alla Prefettura di Campobasso. «Occorrono strumenti innovativi per fronteggiare una rivoluzione. Alcune sperimentazioni si registrano nel Paese, ma ora occorre una vera rivoluzione culturale e di impostazione». E occorre una linea durissima in Europa. Contro i burocrati, non contro i migranti. Servono nuove regole oppure si deve uscire dalla missione Triton, secondo la linea portata avanti dall’Italia al vertice di Varsavia. Ma non è sufficiente. Occorre anche reagire sul piano del contributo economico e arrivare a “ritirare gli ambasciatori”, cioè sospendere simbolicamente la nostra attività politica, ove serva. Occorrono infine trasferimenti forzati negli altri Paesi UE e nuove regole. Le navi delle ONG straniere potranno attraccare sulle coste italiane ma i richiedenti asilo, dopo le normali procedure di soccorso, dovranno essere trasferiti in aereo nei Paesi di origine delle navi. È, insomma, il momento di cambiare le regole, di assumersi le responsabilità e di trovare tutti insieme soluzioni vere, concrete, condivise. Che guardino al futuro del nostro continente e non solo alle elezioni e alle posizioni di comodo personali. Perché non basterà un “no” a fermare gli sbarchi. E men che mai esasperare i sentimenti razzisti degli italiani, che vogliono risposte e non spot elettorali».
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