Quasi 20 anni di tempo e una sentenza che farà rumore. La Corte d’Appello di Campobasso ha confermato la condanna già inflitta nel 2017 dal Tribunale nei confronti del Comune capoluogo al pagamento dei compensi in favore di due professionisti molisani, entrambi geometri, per la redazione di progettazione e perizie di stima relative ai cosiddetti Peu (progetto edilizia unitario) nell’ambito della ricostruzione post sima. Incarichi conferiti con una delibera del 2004 e mai riconosciuti. Una somma di circa 22mila euro per uno studio che aveva rilevato in maniera dettagliata i danni riportati da diversi fabbricati ed edifici pubblici e privati della città e che definitiva gli interventi precisi e necessari per la messa in sicurezza di almeno una parte del patrimonio edilizio di Campobasso. In base a tali stime si sarebbero potute definire le risorse da richiedere allo Stato che avrebbe poi liquidato tramite il Commissario all’emergenza per essere riversate sui progetto approvati. Ma l’iter si è bloccato e non solo il progetto non ha trovato seguito ma non è stato neanche riconosciuto il compenso ai due professionisti. Nel rigettare l’appello del Comune, i giudici in un passaggio spiegano una delle responsabilità dell’Ente, in particolare relativa al difetto di legittimazione passiva. “[…] i proprietari si sarebbero dovuti costituire in Consorzio ed, in mancanza, il Comune si sarebbe sostituito ai proprietari per i vari interventi, utilizzando i contributi di cui agli artt. 13 e 14 mediante l’occupazione temporanea degli immobili. Pertanto, la stessa normativa prevedeva un intervento surrogatorio del Comune in caso di inerzia dei proprietari, per garantire la realizzazione dei vari progetti finalizzati alla ricostruzione, ciò perché l’interesse perseguito era (anche) quello di garantire la conservazione e la tutela del patrimonio edilizio situato nel comune di riferimento, nell’interesse del singoli Enti, anche a fronte di eventuale inerzia dei privati proprietari […]“. Si tratta in sostanza di uno dei primi provvedimenti che evidenza la gestione “allegra” di molti Comuni nel periodo post sisma, quando i progetti preliminari realizzati dai tecnici e dai professionisti incaricati avrebbero dovuto costituire la base su cui imbastire la seconda fase, quella esecutiva di ricostruzione. Molti progetti non sono stati finanziati o si sono bloccati, e dopo quasi 20 anni dall’evento sismico tanti cantieri non sono stati aperti o sono rimasti sospesi, lasciando forti criticità in un territorio fortemente esposto e che ha conosciuto nel frattempo altri terremoti che hanno danneggiato ulteriormente gli edifici prossimi all’epicentro. “E’ un altro episodio di mala gestione della cosa pubblica da parte del potere politico nostrano, forse più attento a gestire i propri interessi che il bene comune, al di là dell’appartenenza politica“, commenta l’avvocato dei due professionisti, Andrea Sellitto. “Se ci fosse stato un corretto utilizzo delle risorse che lo Stato aveva messo a disposizione, in primis sarebbero state onorate le vittime del terremoto, inoltre questa regione non si sarebbe trovata ancora nello stato catastrofico in cui versa”. E ancora: “Questa sentenza crea un precedente giudiziario. Si è persa l’occasione di riproporre il modello marchigiano che ha ridato vita a paesi spopolati. Il Molise avrebbe potuto conoscere una rinascita economica contrastando il suo lento e progressivo spopolamento”.
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