ARTICOLO PROMOZIONALE. Ha sfidato la pandemia e la crisi economica. In un periodo storico in cui tante attività sono rimaste in ginocchio o, purtroppo, hanno chiuso i battenti come conseguenza dei lockdown, del coprifuoco, delle altre restrizioni e del crollo delle vendite e dei consumi in una serie di settori, Gemy Fiorucci, 28 anni, si è rimboccata le maniche – nel vero senso della parola, – aprendo un ristorante. O meglio, riaprendolo. La giovane campobassana infatti a luglio 2020 ha rilevato la storica attività “Da Clemente – Don Alfonso” che si trova sulla Provinciale 41 fra Campobasso e Oratino e che era chiusa da circa un anno. Una scelta dettata dall’esperienza fatta in “casa”. Gemy infatti fa parte di una famiglia di ristoratori e produttori di pasta, che ha attualmente un negozio al centro città, in via Garibaldi, e che aveva stretto un rapporto particolare con Don Alfonso. “Eravamo i suoi fornitori di pasta fresca – ci spiega Gemy. – Il fatto di poter dare continuità ad un percorso che si era interrotto è stata per me una bella sfida e motivo di soddisfazione, e ha inoltre procurato grande gioia al suo precedente gestore”. Paura all’inizio, in piena pandemia? Tanta, lo ammette. Ma si trattava di un’occasione da non perdere. Gemy ha unito spirito di sacrificio e amore per la cucina, trovando l’appoggio della sua famiglia, partendo come formichine per riunire ogni mollica in una corposa e gustosa pagnotta di pane.
Dalla loro parte un grande vantaggio. La maggior parte dei prodotti è di loro produzione, potendo affidarsi al laboratorio di pasta e alle capacità di Gemy nella creazione di dolci. La ragazza, cresciuta in cucina, ha nelle sue mani preziose armi per deliziare il palato degli altri e più di un asso nella manica. La continuità con il precedente gestore si è vista soprattutto nel tipo di cucina, per lo più casereccia, e nei prezzi abbordabili, con l’aggiunta di un menù fisso da proporre alla clientela. L’impatto è stato ottimo. Il contesto storico, però, è particolarmente delicato. Le difficoltà infatti sono subito arrivate. “Poco dopo aver aperto, neanche il tempo di iniziare a carburare con la clientela, è arrivato un nuovo lockdown. L’asporto non è stata la stessa cosa, soprattutto in una città non ancora pienamente abituata a tale consuetudine e per un’attività che ha sempre preferito il passaparola come canale promozionale. Inoltre i ristori sperati non sono arrivati. Lo Stato probabilmente non sapeva dove prendere i soldi necessari per aiutare tutti in maniera adeguata, fatto sta che i contributi non sono stati sufficienti neanche a coprire le spese fisse, principalmente fitto e forniture. Non so come sono riuscita a rimanere a galla ma ce l’ho fatta”. Poi, dopo mesi di buio, sono arrivate le riaperture con nuove restrizioni e ora c’è anche il green pass, che Gemy giudica negativamente (“è un controsenso ma dobbiamo adeguarci”, afferma). Adesso si spera nella continuità del lavoro per poter crescere, quindi in un autunno e in un inverno diversi (e migliori) rispetto a quelli precedenti. “Stiamo lavorando bene con i turisti, a settembre andranno via i turisti e punteremo sull’utenza rientrata dalle ferie. Sono pronta, ancora, a dare il massimo”.
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